I due monologhi noir di Lucia Poli al Gerolamo
Lucia Poli interpreta due monologhi di Eric E. Schmitt
Elegante, fascinosa e splendida attrice. Lucia Poli deve anche aver fatto un patto col diavolo per quei settantasette anni così splendidamente portati. Buon sangue non mente. Basti pensare all’indimenticato fratello Paolo, a cui tanto somigliava da scambiarsi, agli esordi in scena, i ruoli. Anima toscana ironica e pragmatica, si schermisce dicendo: «i due testi che vanno a comporre “L’intrusa” — in cartellone al Teatro Gerolamo da domani a domenica — li ho scelti anche in consonanza con la mia età ormai avanzata». Sono due tra i diversi racconti che Eric-Emmanuel Schmitt, scrittore franco-belga che ama Mozart e Diderot quanto il cinema e il teatro, ha tratto da un suo film, «Odette Toulemonde» (in Italia uscito con il titolo di «Lezioni di felicità», 2008). Un’ulmore, teriore capriola drammaturgica e questi due scritti sono approdati in palcoscenico in forma di monologo, con la complicità registica di Angelo Savelli e del «suo» fiorentino Pupi e Fresedde-Teatro di Rifredi, con cui Lucia Poli collabora dal 2005 («Diario di Eva» di Mark Twain e «Il libro Cuore e altre storie» i titoli più importanti). Il dittico, ora in tournée dopo il debutto nel gennaio 2016 nel capoluogo toscano, si compone di «È una bella giornata di pioggia» e «L’intrusa». «Fu Savelli a propormi di leggere questi racconti. Ne scelsi due che hanno come fil rouge l’inquietudine, una sorta di sottile disperazione che però poi trova una possibile soluzione. Del primo è protagonista una donna anziana che vede tutto negativo, si sveglia alla mattina di maluIn insomma guarda il mondo con gli occhiali sbagliati. Ma poi qualcosa cambierà. Nel secondo, un’altra donna anziana, che vive sola in casa, si trova a fare i conti con un’intrusa. Chi è? una ladra, un’assassina, una pazza, una macchinazione del marito?».
entrambi i casi non si può svelare il finale. È tipico infatti della scrittura di Schmitt mutuare ritmo, andamento e suspense dal genere thriller o detective story, virandoli però in chiave metafisica o psicologica. Due esempi per tutto: «Il visitatore», in cui Freud rice-
veva la visita di uno strano individuo, forse Dio, e «Variazioni enigmatiche», sulle verità nascoste che emergono in un confronto serrato tra un solitario Premio Nobel e un giornalista. I suoi lavori, spesso definiti «thriller dell’anima», sono viaggi alla ricerca o alla scoperta di se stessi e dei propri fantasmi. «Schmitt — continua l’attrice fiorentina — ha la caratteristica di saper raccontare storie di persone normali che però, appena varcata la soglia della coscienza, rivelano baratri esistenziali. Questa ambivalenza e complessità mi
attirava molto. Anche perché l’autore ha il dono di trattare con ironia e leggerezza anche i momenti più drammatici».
Storie che sembrano abiti su misura per Lucia Poli, felice di tornare a Milano, perché è «città con un pubblico intelligente e preparato. L’ultima volta ci sono stata tre anni fa con “L’importanza di chiamarsi Ernesto” al Teatro Parenti, dove sarò di nuovo a gennaio con “Le sorelle Materassi”».
Feeling «Torno sempre volentieri a Milano, città con un pubblico intelligente e preparato»