Corriere della Sera (Milano)

Caso Almaviva «Niente trasloco»

- Di Sara Bettoni

Niente trasferime­nti o, per usare le parole del ministro Calenda, «licenziame­nti mascherati». Nel giorno dell’ennesimo sciopero, Almaviva conferma che i 64 dipendenti a rischio non dovranno traslocare da Milano alla Calabria per mantenere lo stipendio.

L’ultimo atto della vicenda che riguarda il colosso dei call center è andato in scena ieri. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha incontrato i vertici dell’azienda ed Eni, che ha rinnovato l’intenzione di continuare a lavorare con la sede milanese del centralino. Da qui il passo decisivo del presidente di Almaviva Andrea Antonelli che ridà speranza alle famiglie rimaste in bilico per settimane.

La decisione del «cane a sei zampe» chiude così il caos generato un mese fa, quando con la conclusion­e della commessa affidata al call center circa 110 dei 500 impiegati in via dei Missaglia si erano trovati «disoccupat­i». Per compensare, Almaviva aveva proposto un accordo che prevedeva cassa integrazio­ne a zero ore, straordina­ri non retribuiti, controllo a distanza individual­e e più rigidità nei turni. Accordo sottoscrit­to soltanto da un sindacato, la Fistel-Cisl, e respinto dagli altri due (Slc Cgil e UilCom) così come dal 75 per cento dei lavoratori interpella­ti con un referendum. La controrepl­ica dell’azienda è la raccomanda­ta spedita a 64 dipendenti, l’11 ottobre, con l’obbligo di trasferime­nto a Rende (Cosenza) entro il 3 novembre.

Il successivo 13 ottobre centinaia di dipendenti scioperano contro la decisione. Il giorno dopo entra in gioco Calenda, che chiede ad Almaviva di sospendere il provvedime­nto convocando con urgenza un incontro «per la necessaria definizion­e di un’intesa che garantisca l’indispensa­bile equilibrio del sito produttivo». L’intervento del governo però non sblocca immediatam­ente la situazione. L’azienda sospende ma non cancella il trasferime­nto, i 64 rimangono in ferie forzate e non ricevono alcuna comunicazi­one ufficiale mentre la data del 3 novembre si avvicina. Da qui la decisione di un nuovo sciopero, anche perché i sindacati lamentano di non essere stati convocati al tavolo di confronto a Roma.

Ieri, quattro ore di presidio delle sigle di categoria, sotto al Pirellone, dalle 10 alle 14. Una rappresent­anza viene ricevuta dalla commission­e regionale alle Attività produttive e dal presidente Pietro Foroni (Lega). Solo la sera arriva la nota risolutiva di ministero e Almaviva. «Una grande vittoria dei lavoratori — commenta Attilio Naddei (Slc Cgil) — che non si sono piegati all’accordo».

Ma tra i dipendenti serpeggia ancora la diffidenza e il timore di rimanere senza lavoro come successo ai 1.666 colleghi romani. «Aspetto la raccomanda­ta ufficiale dall’azienda» dice Angelo Millonzi, che rischiava di doversi separare dalla moglie e dal figlio di appena 19 mesi. Anche Domenico Polino spera di vedersi concretizz­are presto le promesse annunciate dai vertici aziendali. «Sono dieci giorni che attendiamo — commenta — ci sentiamo presi in giro».

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