Dall’Alfa sospesa alla Regina
Storia dell’istituto milanese nato negli anni 60 e dei suoi 120mila studenti diplomati nel mondo L’ideatore Morelli: il futuro è progettare la vita
Dall’Alfa Romeo che entra dalla finestra in un palazzo di piazza Diaz alla visita dei sovrani d’Inghilterra, Belgio, Olanda e Malesia. Disegnando il presente con l’occhio del futuro. Lo Ied festeggia i 50 anni con una mostra alla Triennale. «Adesso disegneremo la vita».
Nei suoi cinquant’anni di storia vissuti à la milanese, all’insegna cioè del basso profilo, l’Istituto europeo di design (Ied) ha saputo apparire nei radar della cronaca cittadina anche in maniera eclatante.
Come quella «mattina di sole anemico» dell’inverno 1981, come l’ha descritta il direttore Emanuele Soldini, in cui la carcassa di un’Alfa Romeo bianca si levò in cielo sopra piazza Diaz per entrare da una finestra del civico 6, pronta per un laboratorio di aspiranti designer, in una «scena surreale» che non sarebbe mai potuta succedere in un’altra «scuola normale». O quando, a cavallo del millennio (19992000), dopo mesi di trattative con un «mister X» britannico che sembrava uscito da una spy story anni Sessanta, la regina Elisabetta d’Inghilterra— «appassionata di design, giovani ed espressione artistica» — scelse l’attuale sede Ied di via Sciesa (traversa di corso XXII Marzo) per la sua visita, «culturale, laica e politicamente poco impegnativa», alla città, sull’onda di numerosi altri sovrani che erano già (e sarebbero poi) passati di qui dall’Olanda alla Malesia.
Non è un caso dunque che proprio la prima scena descritta in questo articolo sia stata scelta per aprire la mostra inaugurata ieri alla Triennale per l’anniversario della scuola e intitolata «La luna è una lampadina» da una canzone di Enzo Jannacci e Dario Fo («metafora dell’atto creativo che fa scaturire un nuovo sguardo sulla realtà»).
L’immagine dell’Alfa che s’infila in un palazzo del centro è infatti un’altra metafora, della collaborazione storica tra industria e creatività, prologo del futuro successo dello Ied nel creare professionalità quasi dettando la linea al mercato produttivo, in quello che per il fondatore Francesco Morelli è il «principale merito» dell’Istituto, prima corteggiatore e poi corteggiato dalle aziende tra cui Ferrari, Pirelli e Coca Cola. E che oggi è chiamato a immaginare («Eureka», la lampadina) un futuro «privo di riferimenti», dopo il crollo di «totem come religione e politica». Con un esercito di «braccia», di «operai della conoscenza» divenuti designer di moda, arredamento, automobili, registi e fotografi, direttori del suono e illustratori, manager della comunicazione, del marketing e dei nuovi media. Figure che dovranno evolversi per superare l’attuale «polluzione tecnologica», trovando il punto di armonia tra innovazione e umanità.
Chi saranno allora, per Morelli, i diplomati del futuro? «Designer ambientali che governino un ritorno alla natura romantico e consapevole», «registi digitali» nonché «designer dei servizi» che «si occupino di tutti gli aspetti di vita pubblica urbana e non».
Sono 120 mila gli studenti usciti dallo Ied in 50 anni, da 120 Paesi e cinque continenti. Con «alumni» (tra cui il direttore della fotografia del regista Lars von Trier, Manuel Claro, o il designer francese Emmanuel Babled) oggi chiamati ad aiutare nel recupero della storia dell’Istituto, iniziata nella prima sede di piazza Santa Maria del Suffragio e oggi «spalmata» su 11 sedi mondiali, anche attraverso una piattaforma online. Per ricostruire il passato di quello «sguardo diverso sulla realtà», quella luna che l’è ona lampadina... tacata in sul plafun. «Una lampadina attaccata sul soffitto».