Corriere della Sera (Milano)

Ornella Vanoni al Piccolo tra Strehler, Brecht e Fo

- di Paolo Carnevale

«Giorgio Strehler mi disse: “Amore, tu hai un grande talento, ma non hai i nervi per reggere questo mestiere”. Aveva ragione, ho sofferto tantissimo. Ogni volta che dovevo salire sul palco era come morire». E invece, Ornella Vanoni, dopo più di mezzo secolo di brillante carriera, torna per celebrare i 70 anni di quel teatro in cui aveva mosso i primi passi con mille paure. E lo fa, stasera, per un’occasione speciale: la riapertura del Teatro Strehler, chiuso da luglio per interventi straordina­ri di manutenzio­ne. Un concerto, dal titolo «Sono nata qui», che è il primo di una serie di eventi con cui il Piccolo, nel ventennale della morte, ha deciso di ricordare il geniale regista che ne fu il fondatore, partendo da lei, la sua musa.

Milanese purosangue, classe 1934, voce inconfondi­bile, e un repertorio infinito riassunto nel concerto di questa sera, Ornella Vanoni propone un autoritrat­to musicale che concentra tutte, o quasi, le molte facce della sua attività d’interprete. Dalle canzoni della mala, all’incontro con Gino Paoli e con i cantautori genovesi all’innamorame­nto per la musica brasiliana, partito da Roberto Carlos e approdato a Vinicius De Moraes.

Che significat­o ha per lei questo concerto?

«Fa un certo effetto cantare su un palco in cui non ho mai recitato. Un teatro fortemente voluto da Strehler, il quale però, morì prima dell’inaugurazi­one. È una grandissim­a emozione, perché mi sembra di rivivere qualcosa di quel periodo con lui».

Quando arrivò al Piccolo?

«Era il 1955. Un’amica di mia madre mi disse che avevo una bella voce e che dovevo provare a fare l’attrice. Così mi sono iscritta alla Scuola del Piccolo. Mi presentai alle audizioni con l’Elettra di Alfieri, e la commission­e era molto annoiata dalla mia performanc­e. Pensavo che mi avrebbero cacciato via, ma Sarah Ferrati fece di tutto per tenermi».

Iniziò lì la sua storia d’amore con Strehler?

«Alla fine del primo anno Giorgio mi dichiarò il suo amore. Fu un grande scandalo all’epoca, in una Milano borghese e perbenista. Io avevo 22 anni, lui 35, e già sposato. Ma come facevo a non innamorarm­i di un simile genio?».

Come passò dal teatro alla musica?

«Giorgio capì che era meglio sfruttare la mia voce invece del mio corpo. Milano non aveva ancora brani popolari e Giorgio inventò le “Canzoni della mala”, ballate dialettali per mettere in musica furfanti, carcerati, balordi. Gente povera ma con un codice d’onore, molto diversa dai criminali di oggi. Strehler scrisse “Ma mi”, Dario Fo, con Fiorenzo Carpi, firmò “Hanno ammazzato il Mario in bicicletta”. E io le cantavo. La prima volta la ricordo ancora, all’Umanitaria, dove mi tremava tutto il vestito dalla paura…».

Partirà da quelle canzoni il concerto di stasera?

«Cercherò di condensare il meglio del mio repertorio: le canzoni della mala, due brani di Brecht in tedesco, i miei successi con Gino Paoli, “Non insegnate ai bambini” di Gaber, e gran finale con “È poi tutto qui”».

La prima volta cantai all’Umanitaria: mi tremava tutto il vestito dalla paura

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 ??  ?? Simbolo Ornella Vanoni, 83 anni. Entrò al Piccolo nel 1955 come attrice, poi si diede al canto
Simbolo Ornella Vanoni, 83 anni. Entrò al Piccolo nel 1955 come attrice, poi si diede al canto

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