Le edicole social sfidano la crisi
Dal ritiro pacchi ai concierge di zona Ecco i trucchi dei nuovi giornalai per attirare i clienti: il futuro è la carta
Le edicole si reinventano per sopravvivere alla crisi. E diventano un punto di riferimento sul territorio per le piattaforme digitali. L’esperienza con la app Yougenio è l’esempio del cambiamento.
Per Roberto Artisi l’anno nero è stato il 2014. Una spaccata notturna e una rapina a mano armata. «Al malvivente ho detto che mi avrebbe rovinato» racconta. Ma non era vero. Tre anni dopo la sua edicola alla Barona è ancora aperta: i clienti vanno e vengono, Artisi organizza feste di vicinato, ripara computer gratis, fa bonifici e il lotto, la Museo Card, e pubblica sui social video in cui racconta il quartiere. Si reinventa ogni giorno. «Chi si ferma è perduto» assicura. I giornalai 2.0 sono così. Hanno imparato la lezione da Facebook e Google, offrono nuovi servizi e si trasformano in «piattaforme» ma su strada. Il modello è quello parigino del concierge di quartiere, importato l’anno scorso in corso Garibaldi 83: una sorta di «club-house» con clienti tesserati, portierato diurno ed eventi organizzati.
Ma la metamorfosi non si limita alle zone «in». Da settembre, 19 edicolanti hanno avviato una collaborazione con l’app Yougenio: la startup offre servizi a domicilio di qualsiasi tipo, dall’elettricista alla baby sitter, ma mancava «un punto d’appoggio da cui partire — spiega il ceo Alvise Vigilante —. Serviva un presidio sul territorio». E lo ha trovato nelle edicole. Artisi è uno dei 19: registra su un tablet ricevuto in dotazione i dati dei clienti e li «allaccia» alla rete: tutto gratis, ma così si rende indispensabile. «La gente è molto meno tecnologica di quanto ci piace pensare» racconta il 53enne, che con un diploma da elettricista è diventato assistente a tempo perso di chiunque, in zona, abbia un problema digitale. «Vengono da me per mandare un e-mail, formattare il telefono, trasferire film dai vhs, ecc. Non solo anziani che hanno il super-smartphone, ma non sanno usarlo. Tutto fa brodo, l’importante è che le persone entrino, poi l’edicola fa il resto. La carta stampata ha ancora il suo posto nel cuore della gente».
I numeri però dicono che quel posto è sempre più ristretto. Sono 520 le edicole in città, 65 in metrò: 43 hanno chiuso i battenti nel 2015, altre 39 nel 2016, quest’anno «solo» 15 ma il trend resta negativo, a fronte di zero aperture. Anche i metri quadri occupati si riducono; e per chi vorrebbe espandersi come Massimo Aloisi, titolare di una miniedicola tre per tre alla Darsena, «l’iter è in salita». Il costo della Cosap (la tassa di occupazione suolo pubblico) si aggira sui tre mila euro l’anno in centro, ma arriva a 7-8mila in Duomo o Porta Venezia. «I tempi burocratici sono estenuanti. Poi ci sono i cantieri stradali, che durano anni, e gli abbonamenti sempre più a buon mercato: resistere non è facile» dice Aloisi, che oltre a Yougenio nel frattempo ha introdotto per i propri clienti un servizio pick and pay per riviste fuori catalogo e libri acquistati su internet. «Sono tutti modi di arrotondare come il BikeMi o le sigarette elettroniche».
Altre due edicole, a Monza e a Rozzano, stanno testando qualcosa di simile tramite la startup Nexti che offre servizi integrati, dalla raccomandata in edicola al recapito di pacchi con istruzioni digitali per i clienti. Lo scopo «non è snaturare le edicole» ma «raggiungere una maggiore penetrazione dei prodotti editoriali tramite soluzioni innovative» assicura Alessandro Rosa dello Snag Milano. Il sindacato di categoria da tempo organizza corsi per la digitalizzazione, ma stando ai bene informati, vi partecipano solo «un centinaio di edicolanti». La strada verso la «trasformazione delle edicole in Pmi», che Rosa addita come il futuro, rischia di essere lunga e disseminata di altre serrande abbassate.