Bimbo morto nel Naviglio, «indagine» sull’assenza di barriere
La tragedia di Turbigo. Il sindaco: verificheremo con gli enti. Supporto psicologico per i compagni di classe
Ci fossero state delle barriere installate ai bordi dell’alzaia, forse il bambino si sarebbe salvato. È il pensiero ricorrente — anzi, ormai è una convinzione — della comunità pachistana di Turbigo che piange la morte di Haris, il piccolo di otto anni annegato venerdì nel tratto di Naviglio Grande che taglia il paese, dopo aver perso il controllo di una bici troppo grande per lui, appena regalata alla sorellina. Il bimbo è precipitato al termine di una discesa, proprio di fronte a casa. L’hanno recuperato i vigili del fuoco e i carabinieri un chilometro e mezzo più lontano, trascinato dalla corrente.
Il tema delle barriere si ripropone eternamente: tra la strada e il canale c’è soltanto un gradino che non supera i quindici centimetri. Ma secondo Alessandro Folli, presidente del Consorzio Villoresi, «il tratto di alzaia dove è avvenuta la tragedia è in concessione al comune di Turbigo: è il Comune che, se decide di mettere uno schermo o altro, deve chiedere autorizzazione alla Regione, perché di fatto è proprio Regione Lombardia la “proprietaria” del Naviglio. Senza dimenticare il parere fondamentale della Sovrintendenza. In ogni modo, le barriere sarebbero inutili, se non pericolose: indurrebbero i ciclisti ad andare più veloce. Senza contare che in Europa non c’è alzaia che abbia schermi o barriere». Il sindaco di Turbigo, Christian Garavaglia, però promette: «Verificheremo al più presto con il Consorzio, la Sovrintendenza e la Regione se sono possibili interventi in merito». Ieri ha ordinato tre giorni di lutto cittadino e le bandiere a mezz’asta in Municipio. Presto andrà a trovare la famiglia di Haris, una bella famiglia, i genitori lavoratori, i figli diligenti a scuola. Sempre il sindaco ha predisposto un servizio di assistenza psicologica per far «affrontare» da domani mattina la tragedia ai compagni di classe, chiedendo l’intervento di un mediatore culturale.