L’APPELLO ALLA LENTEZZA IN UNA CITTÀ VELOCE PER DNA
incapaci di aspettare. Finiti i tempi in cui si attendeva una lettera, a volte anche per più di una settimana, senza per nulla agitarsi, se oggi una nostra mail non riceve velocemente risposta, subito diventiamo ansiosi, riscriviamo. E i pacchi? Giorni e giorni ci volevano per vederli arrivare, mentre ora Amazon consegna anche l’indomani dell’acquisto.
Non solo. Abituati come siamo a trovare in Internet un’informazione in pochi minuti non avremmo più la pazienza (che avevamo) di cercare su pagine bianche o gialle oppure nell’enciclopedia o di chiamare un numero che magari lasciava a lungo in attesa (questo, a dire la verità, succede ancora, solo che coloro cui tocca poi scrivono infuriati ai giornali). Oppure — sappiamo come siamo fatti — fermi in macchina a un semaforo, se il mezzo davanti non riparte all’istante del verde, resistiamo a non dare, immediatamente, un colpetto, sia pure educato, di clacson?
Sembra difficile, dunque, che, con questi stati d’animo indotti dalla tecnologia, ci sia, prima o poi un’ inversione di tendenza, che venga messo un freno alla perenne — e sì, molto stressante — corsa. In che modo può, del resto, una città con vocazione mercantile come la nostra, rallentare, quando si sa che per commerciare è quasi indispensabile arrivare primi, primi non soltanto a inventare ma primi anche a consegnare?
Ben vengano, insomma, tutte le biciclette del mondo per sfoltire il traffico, ben vengano le domeniche a piedi (altro motivo per cui i cittadini mandano messaggi furibondi ai giornali), ma la bella lentezza del passato è comunque per sempre perduta.
Quanto all’inquinamento atmosferico, il meteo non ci è favorevole. E abolire le restrizioni vigenti dopo un giorno di pioggia o di vento, purtroppo, sembra assicurare aria decente soltanto per l’indomani o poco più.