Metti una sera a cena in cantina Il ristorante argentino Don Juan apparecchia in mezzo alle bottiglie
Al ristorante argentino Don Juan un nuovo spazio «arredato» con tremila bottiglie
Quando ha aperto Don Juan, quasi 20 anni fa, le dicevano che non sarebbe durata più di 6 mesi. Troppo rischioso offrire agli italiani un’alta cucina a base di carni argentine e atmosfere sudamericane. Invece poi, di parrilla in parrilla, a Milano sono diventati una moda. Marlene Gomes ora scende in cantina. E lancia la sua nuova scommessa: «Sono sicura che il vino argentino fra qualche anno sarà popolare come la cucina. Anche a Milano, capitale dell’Italia da bere», racconta. In questi mesi ha recuperato la vecchia cantina sotto la cucina del suo ristorante; ha ripulito lo spazio, con un sistema di riciclo dell’aria che toglie il fastidio dell’effetto umido. Casse di legno, scaffali e portabottiglie in ferro: luci soffuse. Qui ha trovato posto per quasi 3 mila bottiglie: «Ci sono almeno 150 etichette che arrivano dall’Argentina: alcune di successo come Catena Zapata, ma anche altre con produzioni molto piccole. Ci sono vini da 18 euro come da 500. La nostra idea è quella di invitare la gente a scoprire la varietà dei nostri vitigni e allargare la mappa geografica fuori dalla zona di Mendoza», spiega Federico Bruera, ex giocatore di rugby ora importatore di vini argentini in Italia, che insieme a Marlene ha creato questo spazio. L’ultima moda? Il vino fatto dai calciatori. C’è quello di Messi e anche quello di Nicolas Burdisso, ora difensore del Torino, dopo un passato in città, sponda Inter. Fra qualche settimana arriverà anche una giovane sommelier argentina che farà gli onori della cantina, che diventerà in alcune fasce orarie anche enoteca.
Una scaletta scende dal fondo del locale. Un posto segreto per ricreare l’effetto intimità. In mezzo un solo tavolo, pensato per cene private servite direttamente dallo chef Rodrigo («avevamo una lista di prenotazioni ancora prima di aprirla» racconta Marlene), ma soprattutto per degustazioni e nottate a raccontarsi le storie che scorrono dentro a un calice. Perché il vino argentino vive nel mito di famiglie che si sono arrampicate in cima alle Ande per produrre Malbec con un’uva giramondo importata dalla Francia.