Il lungo viaggio insieme dopo il trapianto
Daniele è un donatore, Davide ha ricevuto il midollo: 870 chilometri in bici per la speranza
Uno ha donato. L’altro ha ricevuto un regalo straordinario: il midollo osseo. Dopo essersi conosciuti, Daniele Sala e Davide Santini viaggeranno insieme: in Africa, per 870 chilometri sulle montagne dell’Atlante. Una sfida (anche) per raccogliere fondi destinati a un progetto che porteranno nelle scuole della provincia. E basato proprio sulle donazioni: «Diamo un futuro a tutti i malati».
Ci sono tre cose che Davide e Daniele condividono: la voglia di faticare sui pedali, la prossima vacanza in Marocco e il legame con Admo, l’associazione dei donatori di midollo osseo. Davide Santini è il «trapiantato», come si definisce quando racconta di sé, Daniele Sala incarna il ruolo del donatore. Qualche mese fa i due 42enni, rispettivamente di Pioltello e Carate Brianza, entrano in contatto grazie alla onlus e decidono di caricare la bici su un aereo e volare in Africa per fare 870 chilometri insieme sulle montagne dell’Atlante. Non solo: con i fondi raccolti in questi giorni finanzieranno progetti da portare nelle scuole lombarde.
«Da ragazzo ero donatore anche io, di sangue però — precisa Davide —. Ho iniziato a 18 anni per bigiare le lezioni alle superiori e poi ho continuato, mi sentivo utile». L’appuntamento fisso con l’Avis salta nel momento in cui i globuli bianchi nel corpo del giovane vengono a mancare. «Niente di grave, mi dicevano.
Ho semplicemente smesso, anche se mi dispiaceva». La malattia si manifesta nel 2013. A qualche mese dal 14 giugno, la data scelta con l’allora fidanzata Stefania per sposarsi, una brutta influenza costringe Davide a un ricovero di dieci giorni in ospedale. I medici quando lo dimettono gli consigliano di farsi vedere da un bravo ematologo. Qualcosa non va. «Lo specialista mi visita e dice: citopenia refrattaria con displasia multilineare. Era come se parlasse in arabo. Gli chiedo di essere più chiaro e finalmente spiega... Il mio midollo non funzionava più come avrebbe dovuto, serviva un trapianto». Così il cognome Santini finisce in una lista d’attesa che sembra interminabile. La probabilità di trovare un donatore compatibile è infinitesimale. «Si parla dello 0,001 per cento — continua — le speranze erano bassissime».
Nel frattempo si avvicina il matrimonio, che porta con sé una sorpresa. «Il 13 giugno, il giorno prima della cerimonia, stavo andando a prendere Stefania in macchina quando squilla il cellulare. Era il dottore, c’era un donatore disponibile e adatto. È stato il regalo di nozze più bello che potessero farci». A novembre l’operazione che gli dà una nuova vita. «Per legge non è possibile conoscere il nome del “salvatore” — dice —, di lui so che è portoghese, alto circa un metro e 80. È il mio eroe. Ho voluto scrivere una lettera di ringraziamento per farglielo sapere, mi sembrava il minimo che potessi restituire».
Dopo il trapianto, la convalescenza e il lento recupero. Di fare sport all’inizio non si parla, così Davide decide di mettere in pista almeno la moglie e le regala una bicicletta. Quando riprende le forze, l’accompagna nelle passeggiate in sella e macina chilometri su chilometri. È a questo punto che Admo entra di nuovo in gioco e gli fa un altro regalo. «I volontari mi hanno parlato di Daniele, appassionato di mountain bike con l’idea di un viaggio in Africa per spostare l’attenzione sul tema della donazione del midollo». Iscritto al registro dei donatori, qualche mese fa Daniele ha trovato un malato che aveva bisogno di lui e non si è tirato indietro. L’impegno per l’associazione ora continua nella promozione delle iniziative e la proposta dek Marocco ne è l’esempio.
La sfida sulle alture dell’Atlante lega i due brianzoli che si mettono a tavolino per studiare percorso, date, tappe. Partenza il prossimo 5 novembre, taglio del traguardo dieci giorni dopo. «Sarà un itinerario ad anello di poco meno di 900 chilometri, sommando tutte le salite che ci aspettano fanno 18 mila metri». Per Davide è la prima volta in sella, mentre Daniele, che guida un’azienda di abbigliamento sportivo, l’anno scorso si è già messo alla prova sull’Himalaya. Forse per questo ha dedicato meno tempo all’allenamento. «Io invece — dice l’amico — esco tutti i weekend in bicicletta e
in settimana corro».
Ben prima del viaggio parte la raccolta fondi «Sì, si può fare» destinata alla ricerca di nuovi donatori. «Il progetto che Admo porta nelle scuole costa 6 mila euro, noi ci siamo dati come obiettivo 2.500. È una continua lotta per rimpolpare le liste di persone disponibili a mettersi a disposizione degli altri, vogliamo sensibilizzare i giovani e far capire che donare il midollo osseo non toglie nulla, anzi... la vita continua con più entusiasmo perché hai la consapevolezza di aver dato la possibilità di guarire a chi non ha altra speranza».
Davide, venditore per un’industria di Monza, quando può va di persona nelle classi e parla in nome di Admo, come farà al ritorno dal Marocco. «È una campagna che si rivolge agli studenti di quarta e quinta superiore e agli universitari — dice —, ai ragazzi racconto la mia storia. Se fanno domande? Una la faccio io a loro. Eccola, quanti di voi vogliono diventare un eroe per qualcun altro?».