Corriere della Sera (Milano)

Vietato non toccare: all’Hangar una mostra collettiva invita gli spettatori a interagire

Lo spettatore è protagonis­ta all’Hangar Bicocca nella mostra collettiva «Take me (I’m yours)»

- di Francesca Bonazzoli a pagina 18

Se l’arte contempora­nea vi mette in soggezione, con la mostra «Take me (I’m yours)» cambierete idea: tutto quello che vi sembrava difficile da capire diventa un gioco. Fin dall’ingresso, dove un ragazzo annuncia il vostro nome ad alta voce. Lui stesso è un’opera d’arte creata da Pierre Huyghe e il suo nominarvi dice che ogni visitatore da quel momento diventa protagonis­ta dell’esposizion­e costruita con opere che si possono toccare, portare a casa, creare sul posto, comprare, distrugger­e. Persino le didascalie sono staccabili e colleziona­bili. L’idea risale al 1995, da un incontro fra il grande artista Christian Boltanski e il curatore globetrott­er Hans Ulrich Obrist. «Questa è una collettiva che non finisce mai. Si modifica in ogni città e si disperde in tutti gli appartamen­ti di Milano dove il pubblico porterà le opere prese da qui», spiega Obrist.

All’ingresso è possibile acquistare per 10 euro un sacchetto creato da Boltanski nel quale mettere i lavori prelevati. Per esempio una delle caramelle che compongono il tappeto azzurro di Félix Gonzàlez-Torres. Oppure una delle copie fatte da Maurizio Cattelan del poster ricevuto in dono da Alighiero Boetti. Lo scambio, però, può essere reciproco così che anche il visitatore è libero di creare un’opera come quella di Alison Knowles composta dagli oggetti rossi portati per comporre un’unica installazi­one collettiva. Con lo stesso spirito, Patrizio di Massimo invita il pubblico a ritrarre un modello che posa tutti i giorni dal vivo. In- somma l’idea è quella di fare un’esperienza circolare dell’arte che contraddic­a i consueti modi di produzione e i tradiziona­li canali del mercato. Un po’ il concetto della libera creazione permanente propugnato nel 1961 dal movimento Fluxus. Siamo quindi arrivati alla negazione di ogni valore eterno dell’arte? Secondo Obrist non c’è bisogno di essere così drastici: «Il fisico David Deutsch sostiene che dobbiamo abbandonar­e l’idea di una teoria unitaria che spieghi ogni aspetto della realtà; allo stesso modo anche nell’arte ci sono tante realtà parallele. Quello che possiamo fare è esplorare le diverse strade che inseguono gli artisti: può essere qualcosa di assoluto come la cappella di Rothko o di effimero». Come l’opera di Tino Sehgal che, all’uscita, vi sarà regalata al bookshop. Non dimenticat­evi di chiederla. Rimarrete sorpresi.

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Vietato non toccare Un visitatore interagisc­e con «Quai de la Gare», la montagna di indumenti usati creata da Christian Boltanski: un’opera per sua natura destinata a disperders­i e ad acquisire nuova vita
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Giochi creativi Alcuni scorci della mostra. Nella foto grande, il modello che posa per invitare il pubblico a ritrarlo

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