La sinistra si divide: niente primarie Il Pd incorona Gori
Regionali, il sindaco di Bergamo è l’anti-Maroni
Nessun accordo sulla data delle primarie in vista delle prossime elezioni regionali. Intorno al calendario s’è consumato lo strappo (forse) definitivo nel centrosinistra. Da una parte Pd, Patto Civico, Campo progressista, Partito Socialista, Italia dei Valori e Verdi, dall’altra Mdp. Il candidato da contrapporre a Roberto Maroni, per il Pd è Giorgio Gori e ieri la nomination è stata ufficializzata dalla direzione regionale. Sul referendum dell’autonomia, intanto, Maroni chiede l’unanimità al Consiglio regionale.
Meglio il 3 o il 17 dicembre? «Divisiva», alla fine, è stata la data. Intorno al calendario s’è consumato lo strappo (forse) definitivo tra Pd e Mdp. Niente gazebo invernali, niente primarie e niente scelta affidata agli elettori. Il candidato da contrapporre a Roberto Maroni, per il partito di Renzi, c’è e si chiama Giorgio Gori e ieri la nomination è stata ufficializzata (all’unanimità e alla presenza di Lorenzo Guerini) dalla direzione regionale.
Pochi minuti prima, la lunga riunione di coalizione al Pirellone s’era conclusa con un nulla di fatto. «Se davvero si vogliono organizzare i gazebo per scegliere il nome del candidato governatore, va bene, ma facciamo in fretta. Non si può andare sotto Natale», il pensiero dei dirigenti «dem». Mdp ha provato a rilanciare
spostando la data due settimane più in là, appunto, al 17 dicembre. E qui il muro. Ognuno per la sua strada, allora. Almeno per il momento. Da una parte Pd, Patto Civico, Campo progressista, Partito Socialista, Italia dei Valori, Verdi. Dall’altra Mdp. Che a questo punto proverà a dialogare con le altre sigle della sinistra (Si, Possibile, Rifondazione), in attesa che il quadro nazionale si chiarisca. Non si può in ogni caso escludere — magari tra qualche settimana (per la Lombardia si dovrebbe votare il 4 marzo, in abbinata alle Politiche, anche se qualche spiffero da Roma suggerisce che il Pd vorrebbe spostare le Regionali a maggio) — che i bersaniani ci ripensino, rientrino nel centrosinistra e sostengano alla fine il sindaco di Bergamo.
«Mi dispiace — dice il più diretto interessato — che non si sia trovato un accordo sull’organizzazione delle primarie che, ribadisco, sono pronto ad affrontare purché tali da favorire la più ampia partecipazione degli elettori». «Ribadisco — continua Gori — la ferma intenzione di favorire la più ampia aggregazione di forze politiche e civiche del centrosinistra intorno a un programma di autentico cambiamento della Lombardia, i cui elementi qualificanti siano la tutela della migliore offerta sanitaria, la riqualificazione ambientale e di sviluppo sostenibile e un deciso intervento sulle disuguaglianze di tipo economico e sull’accesso ai diritti. Su queste basi potremo fare positiva sintesi del contributo di tutti». Tradotto: per Mdp (e sigle sparse della sinistra) la porta rimarrà aperta, partendo dal confronto sui contenuti e sul programma.
E infatti il comunicato firmato dai bersaniani punta il dito contro le «rigidità» opposte dal Pd, senza però scrivere la parola fine alle ipotesi di dialogo. «Siamo convinti che per segnare una discontinuità sia necessario aprire un confronto nella società lombarda, evitando di aprire una discussione che resti interna al solo ceto politico. Per questo non si comprendono le rigidità che abbiamo incontrato quando ci sarebbe bisogno di tempi adeguati, di una reale mobilitazione e il coinvolgimento dei soggetti civici e politici che ad oggi non si sono sentiti partecipi di questa sfida». E che si tratti più di un arrivederci che di un vero addio lo conferma anche Carlo Porcari a nome di Mdp: «Oggi si è persa un’opportunità e ora l’alleanza col Pd si fa più difficile. Ma nulla è impossibile, anche perché la Lombardia non è l’Italia».
Da segnalare, nella cronaca delle vicende interne al centrosinistra, le parole di Beppe Sala sull’investitura del «collega» di Bergamo: «Vorrei che la sua candidatura prendesse forma il prima possibile perché io sarò certamente al suo fianco con il garbo istituzionale che deve contraddistinguere il mio rapporto con Maroni». A Gori un solo «suggerimento»: «Su Formigoni lui ha fatto un’analisi che si basa sulla storia amministrativa. Io però non evocherei né Formigoni né Maroni, ma direi solo che bisogna vincere. Portiamo avanti la nostra proposta perché il governatore leghista non è un avversario facile».
«Resto pronto alla consultazione interna purché allarghi la partecipazione»