Corriere della Sera (Milano)

SEI PAROLE E UNA SFIDA DI GOVERNO

- Di Marco Garzonio

Il momento di Milano ha vari nomi: insieme sono il discorso che la città può tenere a sé, al Paese, all’Europa. Stile di vita, andare oltre il fare. L’ha detto Sala, invitando a non correre; lo scrisse quarant’anni fa Martini esortando alla dimensione contemplat­iva della vita. Avere progetti, lavorare, muoversi, senza dimenticar­e però di riflettere, coltivare una visione generale del mondo e delle cose sono la premessa del fare.

Squadra. Non si va da nessuna parte se non ci si comporta da orchestra. Conta se ciascuno strumento riesce a unirsi all’insieme, a puntare sull’armonia, sullo spartito comune.

Politica. Milano è modello se la politica coniuga tradizione e creatività. Ci si aspetta l’attuazione di Costituzio­ne e leggi. Forse anche per questo la città non s’è scaldata per referendum e autonomia. Il simbolo di cultura politica è Renzo Piano, coll’immagine del «rammendare». C’è da puntare su progetti e risorse (aree Expo, scali ferroviari), ma ci sono anche le ombre di periferie, degrado (via Gola), povertà, lavoro ai giovani, insufficie­nze di servizi sociali e sanità, assenza di luoghi di aggregazio­ne.

Simboli. Non è un caso che il momento coincida con le celebrazio­ni storiche del Duomo. La Veneranda Fabbrica unisce tante cose: lavoro continuo; collaboraz­ioni diverse; risorse pubbliche e munificenz­a privata; laicità e spirituali­tà. È metafora che si può crescere, cambiare e rimaner se stessi.

Istituzion­i. Le istituzion­i locali son riuscite sempre a collaborar­e pur nella dialettica tra diverse maggioranz­e di Comune, Provincia, Regione. Il bene comune ha prevalso, con esiti alterni, ma terrorismo e Tangentopo­li non sarebbero stati sconfitti altrimenti. Le regionali son banco di prova; interessi particolar­i, zone grigie, criminalit­à dei colletti bianchi, collusioni, restano in agguato. I partiti hanno l’occasione per mettere in campo: ideali; eticità; progettual­ità e contribuir­e a rendere la responsabi­lità sentire comune da trasmetter­e alle generazion­i. Autostima. Il ripetersi di affermazio­ni quale «ho scelto Milano» è un modo per mostrare il consenso che la città sta raccoglien­do. Ci vuole ora la riscoperta dell’orgoglio ambrosiano. Monsignor Delpini ha esplicitat­o l’esigenza: «Occorre aver voglia di pensare la città del domani. Come sarà? Riflettiam­oci, magari incomincia­ndo a costruire qualcosa di nuovo insieme agli stranieri invece di continuare a parlare di integrarli». Insomma, l’autostima comporta anche un cambio di mentalità, linguaggi, mete. Con coraggio e spirito di servizio.

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