Uno Stravinskij inedito e un raro Ciajkovskij L’anima russa di Chailly
Il maestro apre lunedì la stagione della Filarmonica
Nell’opera gli italiani, con l’orchestra i russi. Alla Scala il percorso di Riccardo Chailly sembra svilupparsi, almeno in questo periodo, lungo due precise direttrici. Da una parte Verdi, Puccini e Giordano, con la Filarmonica Shostakovich, Ciajkovskij e Stravinskij. Dopo aver portato la 12a sinfonia del primo nella trionfale tournée estiva che ha certificato l’acquisita dimensione internazionale dell’orchestra («è il frutto del lavoro che stiamo facendo per arrivare a quel suono mitteleuropeo indispensabile per un certo repertorio», dice il Maestro), nel concerto che inaugura la nuova stagione accosta gli altri due.
E se già la 12a sembrava una sfida audace, lunedì Chailly osa ancora di più: di Ciajkovskij non propone una delle ultime tre sinfonie, bensì l’assai rara Seconda, e di Stravinskij oltre a «Trois mouvements de Pétrouchka» presenta in prima esecuzione italiana «Chanson funèbre», composta nel 1909 ma appena ritrovata: «La scrisse nel 1909 per la morte di Rimskij-Korsakov, di cui era amico e allievo devoto, ma se ne era persa completamente traccia; è stata ritrovata a San Pietroburgo da Natalia Braginskaya durante il trasloco della biblioteca del Conservatorio. Lo scorso anno Gergiev ha diretto la prima esecuzione moderna al Mariinskij Teatr, ma la casa editrice mi aveva già dato la partitura, mi aveva affascinato e questa estate l’ho presentata al Festival di Lucerna».
Non sarà una mera curiosità da eruditi: «Stravinskij la considerava una delle sue opere più riuscite e in effetti è una pagina intensa, assorta, di profonda spiritualità. È curioso notare che reca come numero d’opera il 5: quella precedente è «Feu d’artifice», scritta per le nozze della figlia di Rimskij-Korsakov. Sono due mondi totalmente diffevo renti e tratteggiati in modo ugualmente vero e profondo». La «Chanson funèbre» sostituisce l’annunciata «Lady Macbeth del distretto di Mzensk» di Shostakovich: «Da una parte, con “Pétrouchka”, permette di avvicinare lo Stravinskij più introspetti-
e intimo a quello più estroso e istrionico; dall’altra sottolinea li legame CiajkovskijStravinskij, che ne amava la Seconda sinfonia e la diresse spesso». L’ultimo a portarla alla Scala fu proprio Chailly, nel 1983: «È un’opera che mi piace moltissimo, non la si esegue solo per pregiudizio: si pensa che sia un’opera giovanile, invece vi batte il cuore spirituale, estetico e artistico di Ciajkovskij». Il titolo «Piccola Russia» è apocrifo, «ma vi echeggiano tanti canti popolari ucraini e mostra tutta la
tavolozza dei colori tipici di Ciajkovskij. Si apre con una richiesta di aiuto, un grido di dolore lanciato dal corno con una nota lunga che risuona per prima e dà il la alla melodia popolare Lungo la madre
Volga. Sto ristudiando tutte le ouverture e le sinfonie di Ciajkovskij, compreso il Manfred e la Settima ricostruita a metà Novecento da Semyon Bogatyrev; alla Scala dirigerò la Quarta ma mi piacerebbe portare anche la Prima».
La «Chanson funèbre» fu composta nel 1909 ma se ne era persa completamente traccia