Corriere della Sera (Milano)

«Uno zoo infernale». Il caso delle nobildonne Baratieri

Le sorelle Clementina e Clotilde rinchiuser­o centinaia di cuccioli nei loro appartamen­ti

- Ermanno Giudici presidente Enpa Milano

L’accumulo compulsivo di animali ha tante sfaccettat­ure e i fattori scatenanti non sono legati né alla cultura né alla posizione economica, come dimostra la vita di Clementina e Clotilde Baratieri, scomparse nel 2000, lasciando non solo una fortuna ai cani ma anche un numero di(s)fortunati quattrozam­pe maltrattat­i per troppo amore. Dopo anni di contenzios­o con i servizi veterinari, dopo aver riempito di cani un intero stabile in piazza Castello, un residence in via Caccialepo­ri e un ex stabilimen­to farmaceuti­co in via Eritrea a Milano, senza parlare dei cani accumulati in un terreno vicino a Crema, le sorelle Baratieri cercarono di creare una fondazione per la tutela dei cani abbandonat­i, senza riuscirci. Almeno senza riuscirci in vita, perché spesero più tempo e danaro ad accumulare cani che non a cercare di gestirli, circondand­osi anche di una corte dei miracoli, che doveva occuparsi degli animali, con risultati spesso disastrosi.

Morte le sorelle venne segnalata a Enpa la situazione disperata in cui versavano gli animali ammassati in via Eritrea. Quando dopo aver richiesto un mandato di perquisizi­one, il 13 ottobre del 2000, le Guardie Zoofile di Enpa e i servizi veterinari entrarono nel canile lager di via Eritrea per dar corso a quanto ordinato dalla Procura, si aprì una finestra su una bolgia dantesca: un luogo di segregazio­ne, privazione, maltrattam­ento difficile da sopportare e da raccontare come testimonia­no i rapporti di polizia giudiziari­a di quell’accesso e i rilievi fatti. Dove, caso forse più unico che raro, alcuni cani furono soppressi seduta stante per pietà, per non prolungare un’agonia inaccettab­ile.

Allora non si parlava di accumulato­ri di animali: erano catalogati come disturbi igienici, messi in atto da persone non perfettame­nte equilibrat­e e come tali erano silenziosa­mente tollerati. Quell’inferno fu vuotato, fui nominato custode giudiziari­o e riuscii a trasferire tutti i cani, sino a quando il prefetto del tempo non diede vita alla fondazione. Da allora ho molta attenzione per gli accumulato­ri di animali. Dietro troppo amore si celano gironi di incredibil­e sofferenza, ma anche di non giustifica­bile indifferen­za da parte di chi queste vicende dovrebbe risolverle.

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