Corriere della Sera (Milano)

Alda Merini Poesie per un’amica

- Giacomo Airoldi

La scatola delle poesie — quella dove la scultrice Emilia Rebuglio Parea ha raccolto e accumulato i versi dettati e autografi della poetessa Alda Merini — è rimasta sotto il letto per diciotto anni. Adesso quelle carte sono diventate il libro «Tu sola nel mio deserto» (Sperling & Kupfer) e in copertina c’è scritto anche «Poesie inedite per un’amica», appunto Emilia Rebuglio Parea che ne ha curato l’edizione e che presenta il libro venerdì alla Biblioteca Sormani. Tutto accadde quando Emilia e la sua famiglia aprirono il negozio di arredament­o e galleria d’arte «La chiave di Volta» sui Navigli. Siamo agli inizi degli anni Novanta. Alda Merini (scomparsa come fosse oggi otto anni fa) vi entrava quasi tutti i giorni, lasciava o dettava una poesia e prendeva quello che tutti nel quartiere chiamavano l’«obolo». Solo che Emilia, per Alda, diventò sin dalla prima volta che entrò nel suo negozio Bianca e così continuò a chiamarla finché si frequentar­ono.

Il libro, oltre al valore letterario degli inediti della grande poetessa, ci regala un ritratto vivace, veritiero, pieno di chiari e scuri della Merini con le sue paure, angosce, tic e manie. Come quella per il telefono e per gli acquisti più strani (per esempio uno scassatiss­imo fortino senza soldatini!). Difficile starle dietro, ma an- che arrabbiars­i con lei. Con una frase sapeva disinnesca­rti (o farti arrabbiare ancora di più): «Bianca non si permetta di togliermi i miei fantasmi!». Oppure: «Ma Bianca, lei crede a tutto quello che le dico?». A fare da sfondo a questi incontri (e racconti) durati dieci anni i Navigli di allora che per «Il Naviglio è strabocche­vole! E anche tremendo, come tutte le cose bellissime e pure» l’insegnante, architetto e scultrice erano «tantissimi artisti e antiquari, confidenza, amicizia anche fra i negozianti». E ancora: «Un ambiente vivace, un clima molto piacevole di allegra complicità». «Un paese dentro la grande città», che però suscitava nella poetessa più odio che amore, come possiamo leggere in alcuni degli inediti: «Il Naviglio è strabocche­vole!». «Il Naviglio è anche tremendo, come tutte le cose bellissime e pure». «Il Naviglio a volte non si fa capire». «La storia del Naviglio è una storia lunga e penosa». Poi, quando mischia il suo quartiere («polverone caotico») con appunto Bianca-Emilia il conflitto prosegue: «Che tortura morale abbiamo: doversi fingere pazzi perché qui sul Naviglio fa colore, ed essere buttati fuori casa da una strega che guarda, quante volte ti ho odiata, Bianca, perché avevi una casa, un desco, un giglio, un focolare».

Si sa, Alda Merini non era un personaggi­o facile, anzi. Emilia Rebuglio Parea ci confessa: «Mi sono chiesta in tutti questi anni, che rapporto fosse il nostro. Di soggezione, mia nei suoi confronti. Intima soggezione di fronte alla genialità. Quando pronunciav­a la fatidica frase “Bianca, scriva!” era un momento magico, lei apriva la bocca e sgorgavano le poesie. Come riuscire a non stupirsi davanti a chi, accortasi che ti eri cambiata la tinta dei capelli, scriveva immediatam­ente: “Ti sei tinta di rosso, Emilia, ma sei bianca lo stesso. A volte le debolezze di una donna non fanno che smascherar­la”».

Odio e amore

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 ??  ?? Un paese dentro la città Alda Merini sul Naviglio Grande negli anni Ottanta. Sotto, l’autografo della poesia inedita «La pazienza»
Un paese dentro la città Alda Merini sul Naviglio Grande negli anni Ottanta. Sotto, l’autografo della poesia inedita «La pazienza»
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Insieme Alda Merini con l’amica Emilia Rebuglio Parea

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