Un’opera dark per Nan Goldin
I Tiger Lillies accompagnano live la «Ballad of Sexual Dependency»
La prima volta che la «Ballad of Sexual Dependency» è stata presentata a Milano era il 1986. Il locale in cui Nan Goldin aveva proiettato, ancora un volta e per una sera, le sue diapositive, scattate e raccolte dai primi anni ’80, era il Plastic. In quello stesso anno la Ballad era stata messa in mostra al festival de Les Rencontres d’Arles. I Tiger Lillies, invece, non erano ancora nati: la loro formazione risale al 1989. Il trio di musicisti inglesi di noir cabaret, Martin Jacques, Adrian Stout e Jonas Golland, è stato avvicinato vent’anni dopo da Goldin, al termine di un concerto di Halloween a New York. L’artista americana, che aveva sempre accompagnato lo slideshow della sua vita con brani musicali selezionati con cura, chiese loro di comporre una colonna sonora per quel diario così personale e insieme così pubblico che è stato riconosciuto come il suo capolavoro.
Martin Jacques, fondatore e voce dal potente falsetto della band che è riuscita a inventarsi un sound ibrido, tra l’antico e il contemporaneo, non solo riconoscibile, ma che ha la pretesa di essere unico, ci pensò un po’. Tempo dopo, Goldin gli spedì il libretto dei Carmina Burana di Carl Orff, composti tra il 1935 e il 1936 a partire dalle poesie medievali. Ispirato da quei canti e dalle fotografie, Jacques scrisse parole e musica di una performance rara, un’ode alla vita di quei giovani dipendenti dalla droga o dal sesso, decadenti, veri, assolutamente umani, gli amici che Goldin ha ritratto negli anni e in molti casi ha visto morire di Aids. Persone che in qualche modo hanno fatto parte della vita di entrambi e che hanno permesso a Jacques di trovare subito una relazione con l’opera. «Ho sempre frequentato drogati, transgender e travestiti, massima fonte di ispirazione anche per Goldin e la sua Ballad», racconta il musicista inglese. Ci sono eros e thanatos, pulsioni, gioie e insieme tragici errori di giovinezza. Temi per Jaques universali e condivisi. «Da generazione a generazione nulla cambia davvero», assicura.
Questa sera, dopo 45 minuti di successi tratti dal proprio repertorio, la band eseguirà dal vivo la soundtrack di quel capolavoro in 700 immagini: altri 45 intensi minuti, un unico flusso musicale in cui le parole cantate non vengono scandite dalle immagini, ma le accompagnano, in sintonia con esse. «I testi trattano gli stessi temi che vengono suggeriti dalle fotografie e la musica porta con sé la stessa tetra malinconia che evocano». La cosa più difficile di quest’impresa compositiva è stata per Jaques creare un’opera che riuscisse a essere tanto intensa e commovente quanto la serie di fotografie. «Credo di esserci riuscito», dice.