Schermidori-pompieri, duello olimpico
Manifesto sindacale contro gli atleti che si allenano in caserma: l’hanno occupata, ora basta
Ognuno a modo suo ha le proprie ragioni. Ma la contesa sulla palestra dei pompieri di via Messina, dove in assenza di altri spazi si allenano molti schermidori compresi campioni olimpionici, è scoppiata nello scontro. Un manifesto dei sindacati dei vigili del fuoco, uniti come mai forse successo in precedenza, chiede che la situazione cessi per sempre: «Ormai siamo stati sfrattati da casa nostra».
Amemoria degli stessi sindacalisti dei vigili del fuoco, non era mai capitato che si trovassero tutti d’accordo: in via Messina, come loro confermano, si litiga pure per le bottigliette d’acqua e ogni argomento genera divisioni e spaccature fratricide. Non a questo giro però, anzi; tanto che per appunto la cosa fa già notizia da sé: le otto sigle dei lavoratori hanno sottoscritto un documento contro gli schermidori, piccoli e grandi, ignoti e olimpionici i quali, dal 2012, per gli allenamenti usufruiscono della palestra della caserma, con la conseguenza che « ormai l’hanno occupata e di fatto noi siamo sfrattati da casa nostra». Si sperava che la vertenza, in lenta ma pericolosa ebollizione da settimane, finisse nel nome del buon senso, della pacifica convivenza se non, quantomeno, della reciproca pur forzata sopportazione. Pare evidente non sia successo. I vigili del fuoco sono categorici e, testuale, «rivogliono» la palestra. Punto.
Storico prestigio nazionale, la scuola milanese della scherma è ancora, nonostante mille difficoltà, un serbatoio di talenti. Nella palestra della disfida, per dire, sudano Enrico Garozzo, Marco Fichera e Andrea Santarelli, argento olimpico a Rio nel 2016 nella gara a squadre della spada; e passano aspiranti campioni come i cinquanta bimbi dell’ associazione scherma Cariplo Piccolo Teatro, altro nome glorioso della specialità. Voci non confermate sostengono che l’«affitto» degli spazi sia costato «dodicimila euro», qualcuno sostiene addirittura «versati in contanti» e s’ignora finiti in quale mano, ma potrebbe essere una panzana; dopodiché questo affitto, negli accordi, prevedeva una sorta di alternanza ovvero il rispetto, da parte degli schermidori, delle «esigenze» dei vigili del fuoco. Della vicenda, il Corriere si era occupato sul finire dello scorso mese raccontando dell’ipotesi che il comandante dei pompieri Gaetano Vallefuoco, che aveva « ereditato » gli schermidori dal predecessore, volesse — vorrebbe — un «vero» contratto per regolamentare l’uso. Quali siano le intenzioni e le prossime mosse del comandante, ai sindacati non interessa poiché «ciascuno gioca sul piano che gli compete». L’importante è che una buona volta si prenda una decisione. Ascoltiamoli, i sindacati: «La palestra di una caserma dei pompieri non è un luogo di ritrovo dopo una giornata di lavoro, ma è un bene strumentale e funzionale per la preparazione fisica finalizzata all’attività di soccorso tecnico urgente». Doverosa precisazione: «Non siamo contro lo sport e la scherma. Lo sport, al contrario, lo ripetiamo, è parte integrante della nostra preparazione».
Obiezione: va da sé che, nell’allenamento quotidiano, un pompiere e un olimpionico hanno differenti esigenze, e magari uno strumento quale il tapis roulant al primo serva con tempi e modalità antitetici rispetto al secondo. D’accordo, e i pompieri non lo mettono in discussione. Ma, racconta chi frequenta la palestra, l’iniziale disponibilità è divenuta convinzione che i «proprietari» siano gli schermidori e i pompieri passino per occupanti abusivi, offensivi quando reclamano una minor invadenza (o forse invasione) da parte altrui. Se ne uscirà? La vicenda, per comune ammissione dei diretti protagonisti, mette tristezza. Non tanto e non soltanto per lo scontro sulla palestra, quanto per la generica mancanza di luoghi che ospitino e rispettino uno degli sport più nobili al mondo, invece condannato al nomadismo perfino nella «sua» Milano.