Corriere della Sera (Milano)

UN SEGNALE DI PACE AI TURISTI

- Di Cristiano Gatti

Lo sappiamo tutti che in fondo la tassa di soggiorno è un falso problema. Sappiamo che basterebbe inglobarla nella tariffa alberghier­a e nessuno si sognerebbe più di restarci male. Ma è proprio perché si presenta con un travestime­nto tutto suo, distinta dal conto finale, che diventa un vero problema: benché marginale come quantità, il turista coglie il lato vagamente odioso della sua qualità. Bisogna intendersi: i turisti che diventiamo, ma anche i lavoratori in trasferta che siamo, sanno benissimo quanto costi mantenere in ordine e in salute una città. Poco senso ha dire che già paghiamo abbastanza tasse come contribuen­ti, proprio per i servizi collettivi e il bene comune: qui si parla del consumo supplement­are di città, che va oltre l’ordinaria manutenzio­ne, il consumo supplement­are di gente in arrivo da fuori, estranea agli equilibri civici. Per chiarirsi del tutto la sfumatura, bisogna pensare più che altro al caso estremo di Venezia: lì davvero si percepisce subito come un prelievo aggiuntivo sia giustifica­to dallo sfruttamen­to brutale del luogo, in tutte le sue forme, a cominciare dalle carte unte e alle lattine lasciate ovunque. Passando su Milano, però, la reazione emotiva alla gabella è maggiore. Purtroppo Milano non è mai, non ancora, non del tutto, vissuta come metropoli turistica. Milano non ha l’urgenza di arginare gli arrivi. Caso mai, ha bisogno di attirarli. E questo è il primo punto, sono i banali meccanismi della legge di mercato, domanda e offerta sulla bilancia in una ricerca di reciproca soddisfazi­one.

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