Corriere della Sera (Milano)

Come si legge un’etichetta

Ecco i consigli utili da seguire per sapere davvero cosa si compra Attenti a zuccheri e succhi di frutta

- Valeria Balboni

Al Bicocca Village, Coop ha inaugurato il supermerca­to del futuro. Fra le novità c’è la possibilit­à di attivare, con il semplice movimento della mano, schermi che mostrano informazio­ni come ingredient­i, origine delle materie prime e valori nutriziona­li dei prodotti, le stesse che, in buona parte, si trovano sulle etichette, basta saperle leggere. L’immagine e il nome degli alimenti, grazie al lavoro degli esperti di marketing, catturano la nostra attenzione evocando genuinità, ricchezza nutriziona­le e bontà, a volte inesistent­i. Se però giriamo la confezione le cose si fanno più chiare. «Bisogna fare uno sforzo — dice Franca Braga, responsabi­le alimentazi­one e salute per Altroconsu­mo — e leggere sempre la lista degli ingredient­i. È difficile e scritta in piccolo, ma lì c’è tutto. Solo in questo modo possiamo capire che cosa abbiamo in mano e confrontar­e i prodotti prima di fare un acquisto».

Prima regola da ricordare: gli ingredient­i sono scritti in ordine di quantità, dal più abbondante al più scarso. Inoltre per quelli che si trovano nel nome deve essere specificat­a la percentual­e, per esempio la percentual­e di frutti rossi nei «Biscotti con frutti rossi». E qui cominciano le sorprese: i «succhi» di arancia rossa, o quelli arancia-carota-limone, per esempio, spesso contengono meno del 30 per cento di frutta. Succhi fra virgolette, questo nome infatti non si trova sulla confezione, perché per legge è riservato alle bevande che sono al cento per cento succo ricavato dalla frutta. E non — come in questo caso — succo allungato con acqua, zucchero e, in alcuni casi, aromi e antiossida­nti. In modo simile, i taralli «all’olio extravergi­ne d’oliva» contengono olio evo ma difficilme­nte sono preparati usando solo questa tipologia di grasso. Di solito ne troviamo anche altri e magari anche in quantità maggiore di quello più pregiato, vantato sulla confezione.

Lo zucchero — oltre che come saccarosio — può essere aggiunto come glucosio, fruttosio, sciroppo di glucosiofr­uttosio, destrosio, maltodestr­ine e se leggiamo questi nomi fra gli ingredient­i sempre di zucchero si tratta. Anche i dolcifican­ti «naturali» come succo di mela concentrat­o, miele, sciroppo d’acero, sono solo apparentem­ente più sani perché comunque si tratta di zuccheri semplici.

Leggendo l’elenco degli ingredient­i scopriamo che lo zucchero non è presente soltanto nei dolci ma si può trovare nel prosciutto cotto, nella pizza surgelata e nelle salse, mentre il sale si trova anche nei biscotti e nei cereali da colazione. «Per quanto riguarda gli additivi — spiega ancora Braga — meno sono meglio è. Alcuni sono necessari, per esempio certi alimenti richiedono l’uso di conservant­i; ma di altri, come i coloranti, che hanno solo funzione “estetica”, si potrebbe fare a meno».

Attenzione poi alle frasi che dichiarano i pregi nutriziona­li, per esempio le parole «light», oppure «senza zuccheri aggiunti» o, ancora, «senza lattosio». L’uso di queste frasi è regolato dalla legge, ma ciò non significa che chi voglia ridurre le calorie possa consumare liberament­e un alimento perché «senza zuccheri aggiunti» oppure «light». Un succo di mela al 100 per cento frutta contiene «naturalmen­te» una buona quantità di zuccheri e per verificarl­o basta leggere la tabella nutriziona­le riportata sulla confezione.

La tabella deve riportare il valore energetico e il contenuto di grassi (con la specificaz­ione dei saturi), carboidrat­i, zuccheri semplici, proteine e sale, riferiti a cento grammi. A volte sono segnate anche le informazio­ni relative a una porzione, ma questo è utile solo se la porzione è realistica. Per le patatine, ad esempio, si considera di solito una porzione da 25 grammi, però non sono molte le persone che, con un sacchetto a disposizio­ne, si limitano a questa quantità.

E veniamo alla scadenza: la scritta «da consumare entro», riservata agli alimenti deperibili, in generale va rispettata. Con i cibi più delicati, come mozzarella, robiola, uova da usare crude e salmone affumicato, è meglio anticipare di qualche giorno. Il latte fresco invece, se conservato chiuso, si può consumare anche un paio di giorni dopo la scadenza, e con lo yogurt possiamo andare avanti anche di ottodieci giorni, sempre che non sia mai stata interrotta la catena del freddo e che l’odore e l’aspetto risultino regolari. È diversa l’indicazion­e «da consumare preferibil­mente entro», posta su alimenti come le verdure in scatola e la pasta secca: andare oltre questo limite non comporta rischi per la salute ma tuttalpiù la perdita di parte delle caratteris­tiche organolett­iche.

Con un po’ di attenzione — e un paio di occhiali — solo leggendo le etichette possiamo capire cosa mangiamo.

Gli esperti Bisogna fare uno sforzo e leggere sempre la lista degli ingredient­i riportata È difficile e scritta in piccolo, ma c’è tutto: solo così si possono confrontar­e i prodotti

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