Sacchetti della spesa biodegradabili Se l’ambiente lo «paga» il consumatore
Quando facciamo la spesa, siamo ormai abituati a pagare le buste, che dovrebbero essere sempre in materiale compostabile. Dal 1° gennaio 2018 l’obbligo sarà esteso a tutti i sacchetti per il primo imballo alimentare: quelli che usiamo per pesare frutta e verdura o per gli acquisti fatti al banco del pesce o alla gastronomia. Compresi quelli utilizzati nei mercati rionali e nei piccoli negozi. Questi sacchetti, come le buste già in uso, dovranno essere pagati dai consumatori.
Chi vende al banco del mercato e nei piccoli negozi a volte non fa pagare il sacchetto per non contrariare i clienti. Questa spesa però dovrà figurare sullo scontrino. La norma, anche se «antipatica» perché tocca il portafogli, è utile per l’ambiente: i sacchetti compostabili, in bioplastica, non sono prodotti derivati dal petrolio e hanno un processo di smaltimento più ecologico della plastica, perché si devono smaltire con l’umido.
La differenza fra i sacchetti di plastica e quelli composta- bili non è sempre chiara, infatti solo il 57 per cento dei sacchi utilizzati per raccogliere l’umido è effettivamente compostabile, mentre ben il 43 per cento è in plastica. Nell’organico si trova quindi una certa percentuale di plastica, mentre nella raccolta della plastica va a finire una quota di sacchetti compostabili. Situazioni da evitare, perché in entrambi i casi i sacchetti «sbagliati» devono essere rimossi per un riciclaggio corretto.