Vuoto milanese
Il film «L’Assoluto presente» racconta la furia e il deserto emotivo delle nuove generazioni Ospiti: don Gino Rigoldi e Umberto Galimberti
Il film «L’Assoluto presente» ha una genesi lontana. Il regista Fabio Martina dice di averlo pensato a grandi linee nel 2006, poi però svela di essere stato vittima di un episodio di violenza, immotivata e improvvisa, quando era ragazzo. Dieci o venti anni fa, la data non è così importante. Lo è invece il fatto che la furia aggressiva, non premeditata e compiuta da giovani in branco, è ancora fra noi, pronta a esplodere. Basta leggere la cronaca. «Non può essere che così», commenta Martina, «è il risultato del baratro in cui sono cadute le nuove generazioni, che sperimentano un vuoto affettivo, emotivo e progettuale, enorme».
Da un fatto realmente accaduto prende il via il film che verrà proiettato, in anteprima nazionale, martedì 7 al Mic e allo Spazio Oberdan (ore 17 e ore 21.15). Tre ventenni, a bordo di un Suv, girano di notte in una Milano deserta. La furia scatterà di fronte a un passante casuale: i ragazzi scendono, picchiano duro, lasciano l’uomo sanguinante sull’asfalto. Nessuno di loro comprende la gravità del gesto. «Racconto una condizione esistenziale, l’assoluto presente, che cancella il passato e il futuro. Così, in un sistema di valori distorti, si vive solo l’attimo».
Tre episodi sul prima e il dopo, aiutano a inquadrare e a mettere a fuoco i protagonisti: Riccardino, che pensa di aver riconosciuto in quell’uomo un amico d’infanzia; Giovanni, che non si fa scrupoli a inserire le foto scattate in quel frangente nel suo portfolio di fotoreporter; Cosimo, alla guida del macchinone regalo di compleanno del padre. In veste di quarta protagonista, Milano («la citta che, più di altre, anticipa le importanti questioni etiche e morali contemporanee»), che rapisce con i magnifici primi piani verticali, Gae Aulenti, Porta Nuova, il Portello, e toglie il fiato con il degrado delle periferie.
Ideato nel 2006, l’ultimo ciak a febbraio 2017. Un lasso di tempo incredibilmente lungo. «Perché meravigliarsi», si chiede Martina: «Le produzioni indipendenti faticano a trovare i fondi». Con un finanziamento di Fondazione Cariplo, il regista ha tenuto laboratori al Piccolo Teatro, da Quelli di Grock e Campo Teatrale, e in centri di aggregazione giovanile. In quei bacini ha trovato i protagonisti: Yuri Casagrande, Gil Giuliani, Claudia Veronesi. I ragazzi, tutti esordienti, hanno lavorato per mesi solo sulle loro parti, l’intero copione è arrivato nelle loro mani a pochi giorni dall’inizio delle riprese. Inoltre il film è girato in sequenza narrativa. «Ho adottato lo stile di “Elephant” di Gus Van Sant».
Accanto ai giovani, alcuni nomi noti, Bebo Storti, Federica Fracassi, Marco Foschi, e due debuttanti speciali: il filosofo Umberto Galimberti e don Gino Rigoldi. «Avevo intervistato Galimberti per il film, il termine “assoluto presente” è suo. Era entusiasta del progetto, ho insistito per ritagliargli una parte», racconta il regista. «Don Gino invece è un amico, la convergenza con quello che fa è ovvia, si è prestato con affetto».
Il film non dà giudizi morali, si limita al puro racconto. «Invita a riflettere. Su un vuoto, non solo dei ragazzi, che va assolutamente colmato».