Ritmi etiopi e jazz La ricetta di Astatke
Il musicista africano sul palco dell’Alcatraz
A 90 anni Lee Konitz ha sorpreso il pubblico della Triennale con un concerto che ha trasformato gli standard prediletti in una lunga suite; il sassofonista seduto come direttore d’orchestra di un quartetto. Dopo il Konitz-pensiero stasera JazzMi propone un decano della musica del Corno d’Africa, Mulatu Astatke. Con una premessa: anche nel caso di grandi jazzisti spesso diamo per scontato il contesto, quasi sempre urbano, in cui si sono sviluppati artisticamente.
Nel caso di Astatke, oggi 73enne, il legame con la sua città, Addis Abeba, e lo sviluppo artistico del personaggio, sono continuamente intrecciati e sono essenziali per capire la musica che porta a Milano. Nei suoi ultimi anni di regime, il Negus promuove un clima di spensierato divertimento (anche) per allontanare le pressioni dagli oppositori politici entrati sulla scena del tramonto del regno. Nella «Swinging Addis» — così sono state battezzate le serate che oggi sono impensabili per la compattezza di un massiccio rinnovamento culturale — Mulatu torna dopo diversi viaggi musicali; il giovane Astake si fa carico di unire culture sonore etiopi al jazz di matrice anni 70 americana, un percorso laborioso che mano a mano fa uscire capolavori dalle mani del vibrafonista.
All’Alcatraz il leader (anche compositore e percussionista) dispiega tutte le sue carte ritmiche, di intese melodie e di tutto il jazz colto afroamericano e molto di più. Oggi i gruppi di Astatke spaziano da energici scambi post-free ad atmosfere da Miles elettronico dei primi 70: funk, Etiopia, jazz e una sezione fiati che tiene banco con le percussioni, congas comprese. Forse l’estetica più vicina è quella di melodie in chiaroscuro, fra il discantato e lo speranzoso che attraversano tutti i suoi live. Asta- tke ha anche una vena romantica e «Motherland» al pianoforte è una ballata per l’Africa con un distillato di note.
Nell’insieme il risultato, ipnotico e ricco di sfumature non è neanche più «ethiojazz» ma un bell’esempio di sincretismo africano contemporaneo. Questa non è world music ma la carriera coerente di un musicista che ha saputo dire dell’Africa di bellezza e non di disgrazia ovunque nel mondo. Stasera suona in ottetto: un grande gruppo o una piccola big band che interpreta tutte le sfumature compositive dei brani e dialoga continuamente con il piano e il vibrafono del leader, pure arrangiatore di altissimo livello.