Corriere della Sera (Milano)

Ritmi etiopi e jazz La ricetta di Astatke

Il musicista africano sul palco dell’Alcatraz

- Fabrizio Guglielmin­i

A 90 anni Lee Konitz ha sorpreso il pubblico della Triennale con un concerto che ha trasformat­o gli standard prediletti in una lunga suite; il sassofonis­ta seduto come direttore d’orchestra di un quartetto. Dopo il Konitz-pensiero stasera JazzMi propone un decano della musica del Corno d’Africa, Mulatu Astatke. Con una premessa: anche nel caso di grandi jazzisti spesso diamo per scontato il contesto, quasi sempre urbano, in cui si sono sviluppati artisticam­ente.

Nel caso di Astatke, oggi 73enne, il legame con la sua città, Addis Abeba, e lo sviluppo artistico del personaggi­o, sono continuame­nte intrecciat­i e sono essenziali per capire la musica che porta a Milano. Nei suoi ultimi anni di regime, il Negus promuove un clima di spensierat­o divertimen­to (anche) per allontanar­e le pressioni dagli oppositori politici entrati sulla scena del tramonto del regno. Nella «Swinging Addis» — così sono state battezzate le serate che oggi sono impensabil­i per la compattezz­a di un massiccio rinnovamen­to culturale — Mulatu torna dopo diversi viaggi musicali; il giovane Astake si fa carico di unire culture sonore etiopi al jazz di matrice anni 70 americana, un percorso laborioso che mano a mano fa uscire capolavori dalle mani del vibrafonis­ta.

All’Alcatraz il leader (anche compositor­e e percussion­ista) dispiega tutte le sue carte ritmiche, di intese melodie e di tutto il jazz colto afroameric­ano e molto di più. Oggi i gruppi di Astatke spaziano da energici scambi post-free ad atmosfere da Miles elettronic­o dei primi 70: funk, Etiopia, jazz e una sezione fiati che tiene banco con le percussion­i, congas comprese. Forse l’estetica più vicina è quella di melodie in chiaroscur­o, fra il discantato e lo speranzoso che attraversa­no tutti i suoi live. Asta- tke ha anche una vena romantica e «Motherland» al pianoforte è una ballata per l’Africa con un distillato di note.

Nell’insieme il risultato, ipnotico e ricco di sfumature non è neanche più «ethiojazz» ma un bell’esempio di sincretism­o africano contempora­neo. Questa non è world music ma la carriera coerente di un musicista che ha saputo dire dell’Africa di bellezza e non di disgrazia ovunque nel mondo. Stasera suona in ottetto: un grande gruppo o una piccola big band che interpreta tutte le sfumature compositiv­e dei brani e dialoga continuame­nte con il piano e il vibrafono del leader, pure arrangiato­re di altissimo livello.

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Virtuoso Mulatu Astatke, 73 anni, vibrafonis­ta, percussion­ista e compositor­e

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