Corriere della Sera (Milano)

Il carabinier­e infedele «vale» 3 mila euro

Militare al soldo dei clan, ecco il risarcimen­to pagato all’Arma. «Danno d’immagine»

- Di Cesare Giuzzi

Quanto vale il danno d’immagine per l’Arma dei carabinier­i provocato da un appuntato al servizio dei clan della ‘ndrangheta? Poco più di una mensilità di stipendio. Lo hanno stabilito i giudici della Corte dei conti che hanno condannato Michele Berlingeri, fino al 2010 in servizio a Rho, a risarcire il Comando generale per danno d’immagine. Passava informazio­ni ai boss e ha «coperto» un killer.

Quanto vale per l’Arma il danno d’immagine provocato da un carabinier­e infedele, al soldo della ‘ndrangheta, filmato mentre fa sparire i bossoli dopo un omicidio e intercetta­to mentre «spiffera» informazio­ni ai boss? Esiste forse un danno maggiore per la Benemerita con i suoi 203 anni di storia «al servizio dei cittadini» che vedere un proprio rappresent­ante, l’appuntato Michele Berlingeri, condannato a 13 anni di carcere insieme agli ndrangheti­sti arrestati nell’operazione Infinito?

Certamente no. Perché come hanno scritto i giudici l’appuntato, all’epoca in servizio al Radiomobil­e della compagnia di Rho, ha «fatto mercimonio della sua pubblica funzione» facendosi retribuire (da 500 a 1.000 euro) per ogni notizia riservata «passata» ai clan. Soffiate su arresti in arrivo, su indagini in corso, controlli abusivi negli archivi delle forze di polizia, e perfino azioni per «deviare» le pattuglie dei colleghi che stavano intervenen­do su furti in corso.

Ma il «capolavoro» criminale di Berlingeri (arrestato nel luglio 2010) era avvenuto sotto gli occhi delle telecamere di sorveglian­za del pub «Il Brigante» di Rho dove nel gennaio 2010, durante una sparatoria, era stato assassinat­o il 38enne albanese Artim Avrani. Nei filmati si vede la sagoma dell’appuntato — il primo ad intervenir­e — mentre parla con l’assassino, Cristian Bandiera, figlio di Gaetano affiliato al locale di Rho. Poi mentre si piega a terra e fa sparire i bossoli lasciati dal killer. E ancora mentre lascia uscire dalla scena del crimine un amico di Bandiera che nasconde sotto al giubbotto l’arma del delitto. Le immagini fecero il giro di siti, giornali e television­i. E anche per questo i giudici della Corte dei conti, dopo l’input della Procura e della stessa Arma dei carabinier­i, hanno condannato Berlingeri a risarcire al Comando generale le spese per il danno d’immagine legato alla sua vicenda.

Un «danno» che però vale, secondo i giudici, non più di 3 mila euro. Questo nonostante — e lo scrivono gli stessi magistrati della Corte dei conti — «la sconcertan­te lettura dei gravi reati, soprattutt­o per un appartenen­te a una delle strutture più affidabili del Paese e socialment­e stimate come l’Arma dei carabinier­i».

Per i giudici è evidente la lesione dell’immagine causata da Berlingeri «per l’alta consideraz­ione di cui gode nella collettivi­tà l’Arma»: «la rigorosa selezione del personale, i meriti acquisiti nei secoli sul campo, l’efficenza dimostrata nella prevenzion­e e repression­e della criminalit­à vengono fatalmente offuscati da inqualific­abili e inaccettab­ili condotte come quelle dell’appuntato, espression­e della negazione dei valori che sono alla base e nel Dna del corpo di appartenen­za».

Eppure la cifra stabilita dai giudici non può essere più alta di 3 mila euro come danno d’immagine e di altri 3 mila ma per violazione del «sinallagma contrattua­le» per «distrazion­e di energie lavorative da destinare alle incombenze d’ufficio in favore della realizzazi­one delle fattispeci­e penalmente rilevanti». In realtà il magistrato aveva chiesto un risarcimen­to totale di 14.400 euro. Per i giudici però il totale corretto non supera i 6 mila euro. Tremila per il danno d’immagine. Poco più di una mensilità.

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