Contratto al fast food e una squadra solidale per il sogno di Giulia
Giulia ha la sindrome di Down e lavora da McDonald’s «È stata dura ma ce l’ho fatta Vorrei che chi è come me prendesse più coraggio»
Allarealizzazione del sogno di Giulia Rondini, 29 anni, hanno lavorato in tanti. Mantovana con la sindrome di Down, dopo il diploma e anni di stage, è stata assunta da McDonald’s. Per aiutarla, Comune, azienda dei trasporti e vigili sono intervenuti, cambiando il percorso dell’autobus 12.
MANTOVA Al sogno di Giulia mancava un tassello. E, per metterlo al posto giusto, c’è voluta una squadra: il Comune, l’azienda dei trasporti, persino la polizia locale. Perché Giulia Rondini, 29enne mantovana con la sindrome di Down, dopo il diploma all’Istituto d’arte e anni di gavetta fatta di stage e tirocini, avev a finalmente trovato un’azienda pronta ad assumerla. Il posto di lavoro, però, era lontano da casa e non ci sarebbe potuta arrivare senza che qualcuno l’accompagnasse. C’era sì una fermata dell’autobus vicina, ma dall’altra parte di una strada a quattro corsie e di un incrocio pericoloso. A Riccardo Bonfà, psicologo che segue i progetti di inserimento lavorativo per l’Aipd (Associazione italiana persone Down) di Mantova, è venuta l’idea di chiedere aiuto al Comune che a sua volta ha interpellato Polizia locale e Apam, l’ex municipalizzata che gestisce il trasporto pubblico. Risultato: grazie a una piccola deviazione, l’autobus numero 12 ora ferma proprio davanti al McDonald’s di viale Legnago, dove Giulia lavora. «È stata una positiva esperienza di collaborazione per un progetto di inclusione sociale — spiega l’assessore al Welfare Andrea Caprini, che ha seguito la vicenda per il Comune di Mantova —. Ringrazio la polizia locale e Apam, perché si sono subito attivate per trovare una soluzione. Segno che quando si fa squadra i problemi si risolvono».
E di squadra Giulia ne sa qualcosa. In pochi mesi (ha cominciato a lavorare nel fast food a giugno) ha conquistato i compagni di lavoro, una quarantina di persone che ruotano su più turni: «I miei colleghi — racconta — sono molto simpatici. Quando arrivo, siccome sono sempre in anticipo, mi fanno trovare la colazione. Insomma, mi viziano un po’». Dopo brioche e cappuccino, si comincia: Giulia accoglie i clienti, li aiuta con le ordinazioni elettroniche, serve ai tavoli e mette in ordine la sala. Quattro ore, dalle 10 alle 14, molto intense: «A volte mi stanco, ma poi mi faccio coraggio e vado avanti. Come dico sempre, io entro qui e porto il sole. In fondo, si è realizzato un mio sogno: dopo tanti stage, finalmente ho un lavoro vero. E mi piace tanto, soprattutto perché sono a contatto con il pubblico». Le piccole difficoltà del debutto sono state superate in fretta: «Ero un poco disorientata per la novità, ma poi ci ho preso la mano. Vorrei che le altre persone con sindrome di Down prendessero esempio».
A un lavoro vero la 29enne, appassionata di musica rock, libri gialli e fantascienza, ballerina di latino-americano e nuotatrice a livello agonistico, è arrivata con l’aiuto della sezione mantovana dell’Aipd, una delle 51 in Italia. «Prima di iniziare l’inserimento lavorativo — spiega Bonfà — i ragazzi partecipano a progetti per fare crescere la loro autonomia. Li aiutiamo, ad esempio, a cavarsela da soli negli spostamenti, nella comunicazione con le altre persone, nell’uso del denaro». A Mantova, l’associazione, che si sostiene grazie alle donazioni dei privati o partecipando ai bandi, segue 50 ragazzi di diverse fasce d’età. «È sbagliato generalizzare — prosegue Bonfà —. Quando incontriamo una persona, cerchiamo innanzitutto di capire le sue attitudini. Anche perché, quando propongo a un’azienda un inserimento lavorativo, non deve trattarsi soltanto di