Corriere della Sera (Milano)

DA MILANO AL MEDITERRAN­EO SI PERDONO VITE, NON NUMERI

- Gianni Nanino gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, da milanese mi interrogo su cosa fare per evitare le stragi nel Mediterran­eo: 30.000 morti negli ultimi 15 anni, 5.000 nel solo 2016. Le 26 povere donne recuperate senza vita sono l’ultima tragica e infame notizia di una serie infinita. Mi sconvolge come la comunità internazio­nale non riesca, non dico a risolvere, ma almeno ad affrontare seriamente questo problema.

Chi vive male, per usare un eufemismo, nel proprio Paese, oltre alla comprensib­ile fuga dalle guerre, cercherà di trasferirs­i in Paesi dove si dovrebbe vivere meglio. E vengo al quesito: perché sento solo parlare della necessità di salvare i naufraghi provenient­i dal Nord Africa e non sento invece dire che è necessario evitare tutte queste morti che io chiamo omicidi? È come affrontare un problema partendo da ipotesi sbagliate, ovvero, si dovrebbe spostare il problema dal solo salvare i naufraghi al cercare di scongiurar­e altre morti, per affrontare il problema su basi diverse e di maggiore umanità.

Caro Nanino, da Milano si può fare ben poco, la strada migliore che sento suggerire da tanti volontari e da chi conosce l’Africa è quella di intervenir­e dall’altra parte, prima di vedere donne, uomini e bambini morire sulle carrette del mare, in mano ai trafficant­i di carne umana. Noi ci siamo ormai abituati a conteggiar­e come numeri queste morti, in realtà sono vite, non diverse dalle nostre, solo più sfortunate di noi. Ce l’ha ricordato qualche giorno fa Pietro Bartolo, il medico di Fuocoammar­e, che da trent’anni ricuce le ferite del corpo (e anche molte altre) ai sopravviss­uti del Mediterran­eo.

Se l’Italia sui migranti ha salvato l’onore dell’Europa, come ha detto il presidente della Commission­e Juncker, Bartolo ha salvato l’onore di tutti noi. Quando ha dovuto ispezionar­e i 368 cadaveri chiusi in un telo giallo sul molo di Lampedusa il 3 ottobre 2013 avrebbe voluto buttare via il suo camice: come si fa, mi ha detto, restare indifferen­ti davanti a un genocidio? A non pensare alle donne che arrivano dai campi libici, tutte violentate e umiliate; agli uomini torturati; ai bambini con il cordone ombelicale legato con i lacci delle scarpe? All’Europa non è mancato solo il cuore, è mancata una politica in questi anni, e i muri alzati ne sono la conseguenz­a. Milano però non è stata insensibil­e a questa emergenza, e anche la sua lettera, da manager che vorrebbe fare qualcosa di concreto, lo dimostra. Credo che molti giovani oggi la pensino come lei.

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