L’arte politica di Enrico Baj
Dagli attacchi al nucleare alla monumentale installazione su Pinelli una retrospettiva celebra il percorso sempre impegnato dell’autore
L’arte è sempre stata soggetta a mutamenti di gusto, ma nella contemporaneità il ricambio delle mode ha raggiunto ritmi quasi frenetici, con meccanismi simili a quelli che producono disincanto verso ogni altro bene di consumo. Ecco perché la figura del gallerista Giorgio Marconi evoca invece quella di un cavaliere d’altri tempi: difende la bellezza attempata delle sue amate, apparecchia per loro mostre impegnative, continua a battersi per tenere alto l’onore del loro nome e più che il mercato sembra inseguire la passione.
Da oggi fino a tutto gennaio, a godere dei suoi omaggi sarà l’amico milanese Enrico Baj (1924-2003), celebre artefice di «Dame» e «Generali» dallo spirito surreal-dadaista. Allestita in collaborazione con l’Archivio Baj di Vergiate, la retrospettiva che inaugura alle 18 nella Fondazione Marconi mette l’accento sul risvolto politico e l’intento di denuncia sociale nel lavoro dell’artista. « Enrico aveva un carattere sempre allegro, rideva con piacere e però conosceva a fondo i problemi del mondo ed era un intellettuale vero», racconta Giorgio Marconi. «Esprimeva i suoi giudizi, aveva posizioni chiare ed era sempre molto critico. Ma anche disponibile ad ascoltare gli altri. A me piaceva molto perché era un uomo intelligente».
Il percorso espositivo si dipana al pianoterra dalle sculture «meccano» degli anni Sessanta a esempi dei celebri «Generali» e alla «Parata a 6» del 1964. Nell’ultima sala, chi non l’ha ancora mai vista dal vero, può ammirare l’opera monumentale «I funerali dell’anarchico Pinelli». L’installazione è lunga dodici metri e alta più di sei ed è frutto di tre anni di lavoro. Fu realizzata nel 1972 per ricordare la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra
Giorgio Marconi «Era un uomo sempre allegro che conosceva i problemi del mondo. Un intellettuale vero»
della Questura di Milano il 15 dicembre 1969, mentre veniva interrogato perché sospettato di aver preso parte alla strage di Piazza Fontana. L’opera avrebbe dovuto essere esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale nel maggio 1972, ma il giorno stesso dell’inaugurazione il commissario Luigi Calabresi fu ucciso. La mostra, allora, fu rinviata e dovettero passare altri 50 anni prima che quel proget to s i realizzasse.
Salendo poi al primo piano della galleria si possono vedere alcuni teli del ciclo dell’«Apocalisse» che prende le mosse dagli «Otto peccati capitali della nostra civiltà» di Konrad Lorenz e vuole essere lo specchio, come ha scritto Gillo Dorfles, «del male etico ed estetico della nostra società».
Per ultimo, al secondo piano, si torna a ritroso alle opere del primo periodo, quelle del Movimento nucleare fondato nel 1951 assieme con Sergio Dangelo perché, sosteneva Baj, «non si può rimanere indifferenti alla bomba atomica, percepita come mostruosità e contrabbandata come futura fonte di energia».
Onore dunque a Marconi che sostiene i vecchi combattenti.