L’UNICORNO CHE VIVE NEGLI ABISSI
Passeggiando per Milano può capitare di imbattersi in animali immaginari. Succede ad esempio entrando nella chiesa di San Maurizio di Corso Magenta, dove in un affresco di Aurelio Luini è ritratto un animale mitologico, l’unicorno: cavallo con in fronte un corno del tutto simile al dente di narvalo, un mammifero marino che vive nel mare Artico. I maschi di narvalo hanno un dente lungo sino a due metri, a forma di spirale che fuoriesce dal labbro. Le zanne di narvalo furono portate da popolazioni siberiane e dai Vichinghi in tutta Europa dov’era considerato un prodotto molto pregiato alla stregua dell’avorio e, secondo la credenza del tempo, in grado di neutralizzare i veleni. Secondo studi recenti il dente del narvalo sarebbe utilizzato per stordire le prede, spesso merluzzi, come dimostrato da un filmato recente del Wwf Canada. Altri ritengono debba essere considerato un carattere sessuale secondario come i palchi dei cervi. La nascita dell’unicorno deve probabilmente la sua origine alle storie narrate dai commercianti. Nel Medioevo l’animale mitologico era inserito nelle opere di sistematica naturalistica insieme agli animali reali. Forse il Luini nel dipingere gli unicorni si ispirò ad un’opera del padre, Bernardino Luini, «Procri e l’Unicorno», conservata alla National Gallery Art di Washington. I narvali furono a lungo al centro di molte leggende. Una vuole che le femmine gravide prima di partorire lascino fuoriuscire solo la coda del piccolo circa quattro settimane prima della nascita, per abituarlo al nuoto.