Corriere della Sera (Milano)

L’UNICORNO CHE VIVE NEGLI ABISSI

- Di Paolo Galli ecologo Bicocca

Passeggian­do per Milano può capitare di imbattersi in animali immaginari. Succede ad esempio entrando nella chiesa di San Maurizio di Corso Magenta, dove in un affresco di Aurelio Luini è ritratto un animale mitologico, l’unicorno: cavallo con in fronte un corno del tutto simile al dente di narvalo, un mammifero marino che vive nel mare Artico. I maschi di narvalo hanno un dente lungo sino a due metri, a forma di spirale che fuoriesce dal labbro. Le zanne di narvalo furono portate da popolazion­i siberiane e dai Vichinghi in tutta Europa dov’era considerat­o un prodotto molto pregiato alla stregua dell’avorio e, secondo la credenza del tempo, in grado di neutralizz­are i veleni. Secondo studi recenti il dente del narvalo sarebbe utilizzato per stordire le prede, spesso merluzzi, come dimostrato da un filmato recente del Wwf Canada. Altri ritengono debba essere considerat­o un carattere sessuale secondario come i palchi dei cervi. La nascita dell’unicorno deve probabilme­nte la sua origine alle storie narrate dai commercian­ti. Nel Medioevo l’animale mitologico era inserito nelle opere di sistematic­a naturalist­ica insieme agli animali reali. Forse il Luini nel dipingere gli unicorni si ispirò ad un’opera del padre, Bernardino Luini, «Procri e l’Unicorno», conservata alla National Gallery Art di Washington. I narvali furono a lungo al centro di molte leggende. Una vuole che le femmine gravide prima di partorire lascino fuoriuscir­e solo la coda del piccolo circa quattro settimane prima della nascita, per abituarlo al nuoto.

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