Percorso al Museo del '900
Trenta sculture provenienti dai depositi inaugurano una serie di allestimenti a rotazione
Il sogno è allargarsi negli spazi sotto l’Arengario e aprire lì anche un nuovo ingresso, accanto a quello di Palazzo Reale, in sostituzione dell’attuale in via Marconi. Ma nell’attesa che si realizzi, il Museo del Novecento ha cominciato le prove generali di ampliamento. Domani alle 18.30 (ingr. libero) inaugura infatti il primo di una serie di appuntamenti chiamati «Fuori percorso» perché propongono allestimenti a rotazione di opere quasi mai visibili o abbinate in modo originale. «Ogni museo si presenta al pubblico con un percorso “ufficiale”, ma al suo interno custodisce molte altre storie, spesso rimaste nascoste», spiega la direttrice Anna Maria Montaldo che è andata a cercare i primi racconti inediti nei depositi. Da lì ha tirato fuori trenta sculture di grandi autori per ricostruire una vicenda italiana, diventata minore. Si parte dagli anni 30 con la «moderna» Vittoria fascista di Lina Arpesani fusa in anticorodal, una lega leggera d’alluminio, e col «Fiocinatore» di un Lucio Fontana pre-astrattista che ideò la statua per la fontana di un mercato del pesce. Si passa poi a un «Cardinale» di Manzù realizzato negli stessi anni 40 della «Danzatrice seduta» di Marino Marini e su su fino a Pomodoro, Viani, Crippa e Agenore Fabbri con le loro sculture che denunciavano la paura della guerra fredda e della bomba atomica, fino al minimalismo concettuale di Kengiro Azuma, Coletta e Sol Lewitt.
E siccome l’intento, dice la direttrice, è «rimettere in moto le energie del museo», anche l’allestimento sarà una storia nuova. Il lungo corridoio che ospita le sculture, infatti, è stato completamente liberato da pannelli e pareti divisorie e si presenta così in tutta la sua spazialità maestosa. Persino le tende che schermavano le vetrate su strada sono state tolte. «L’effetto visivo è sorprendente: la sala è allo stesso livello della via Marconi così ora i passanti guardano dentro come se il museo fosse la continuazione di piazza Diaz».
Al quarto piano, infine, anche dagli archivi esce una storia nascosta: quella delle Edizioni Rizzardi e della galleria di Brera.