«JazzMi», Maria Gadú s’inchina ai suoi idoli
Maria Gadú, erede della grande tradizione brasiliana, al Blue Note con «Pelle»
Qualche pendolare con la passione per la bossanova l’avrà sicuramente notata mentre si esibiva con la sua chitarra alla stazione Garibaldi. Era il 2008, e Mayra Corrêa Aygadoux, in arte Maria Gadú, cercava fortuna con la sua voce graffiante in Europa, in compagnia di un amico percussionista. «È stato un periodo entusiasmante della mia vita — ricorda —. Ho conosciuto tanta gente, molti viaggiatori si fermavano ad ascoltarmi, alcuni hanno anche perso il treno. Suonare per la strada è un cosa che consiglio ai musicisti che vogliono fare una gavetta creativa e stimolante, anche se non garantisce fama e denaro». Successo che per lei arriva nel suo Brasile, in un locale di Rio de Janeiro, dove canta il classico di Jacques Brel, «Ne me quitte pas»: tra il pubblico c’è il regista Jayme Monjardim, che include il brano nella colonna sonora nella serie sulla cantante Maysa, sua madre.
Da quel momento, per la 30enne paulista, è stato un crescendo, dal tour con Caetano Veloso, all’hit tormentone del 2009 «Shimbalaiê», inserita nel suo album di debutto omonimo e definita da lei stessa «una canzoncina d’infanzia, scritta quando avevo dieci anni ed ero in vacanza con i miei. Il titolo non vuol dire assolutamente nulla, è una sorta di parola magica». Erede della grande scuola cantautorale della sua nazione, dove è considerata un’icona gay (nel 2013 si è sposata con la compagna Lua), Maria Gadú ha quella sensibilità necessaria per traghettare la musica brasiliana nel futuro, senza dimenticare la lezione del passato. Come nel tour, che fa tappa stasera e domani al Blue Note per la rassegna JazzMi (via Borsieri 37, ore 21 e 23.30; ing. 30/45 euro), dal titolo «Pelle». «L’ho chiamato in questo modo — spiega — perché mi presento sola con la mia chitarra, spogliata di ogni orpello e artificio per mettere a nudo la mia anima musicale». Il repertorio pesca dai suoi 4 album, dal primo omonimo del 2009, all’ultimo «Guelã», del 2015. «Non faccio mai la stessa scaletta — dice —, perché c’è sempre qualche tributo ai miei idoli, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Milton Nascimento, Chico Buarque, Ivan Lins e Marisa Monte».