Corriere della Sera (Milano)

Statale a Expo, il campus si allarga

Centomila metri quadrati tra verde e sport. Il rettore Vago: risorse da definire, niente salti nel buio

- di Simona Ravizza

«Il campus della Statale nell’area Expo è un progetto sempre più concreto», dice il rettore Gianluca Vago nonostante l’ennesima settimana di proteste contro il trasloco da Città Studi: «Dalle notizie ufficiose sul masterplan, assegnato ieri alla cordata Lendlease, l’estensione supera i 100 mila metri quadrati. Spero sia di fianco a Padiglione Italia e all’Albero della vita».

«Il campus della Statale nell’area Expo è un progetto sempre più concreto», dice senza indugio il rettore Gianluca Vago al termine dell’ennesima settimana di proteste in ateneo e di fiaccolate in strada: «Sono convinto che non ci sarà alcuno spreco di soldi pubblici, né tantomeno si porteranno 20 mila studenti, ricercator­i e docenti in una no man’s land (terra di nessuno, ndr) in mezzo ad autostrade. Il rischio di desertific­azione di Città Studi, sede attuale di aule e laboratori? La mia priorità è pensare al futuro migliore per l’università, ma sono pronto a contribuir­e a un rilancio del quartiere con lo spostament­o lì di altre facoltà. Il piano per le coperture economiche dell’operazione, che vale 350-380 milioni, è ancora in corso di definizion­e. Al momento non c’è una soluzione definitiva, ma sono ottimista. In ogni caso, una cosa è certa: la Statale non farà un salto nel baratro, il campus si realizzerà solo se ci saranno le risorse necessarie».

Il trasloco ad Expo delle facoltà scientific­he della Statale è uno dei progetti più discussi di Milano: avvenirist­ico per la realizzazi­one di un campus scientific­o da oltre 100 mila metri quadrati, problemati­co per il rischio di fare un buco nei bilanci dell’università, di forte impatto urbanistic­o per il trasferime­nto da Città Studi che farà cambiare volto al quartiere. In quest’intervista al

Corriere, nei giorni delle ennesime polemiche, Vago spiega per la prima volta le caratteris­tiche del nuovo campus, i progetti su Città studi e l’aspetto delle coperture economiche.

È di queste ore la notizia che la cordata d’imprese guidata dall’australian­a Lendlease, conosciuta per avere già sviluppato il post Olimpiadi di Londra, si aggiudica la gara per il masterplan e lo sviluppo

dell’area Expo. Adesso c’è, dunque, un progetto definito. Vago, che cosa si aspetta per il campus della Statale?

«Il campus nell’area di Rho—Pero destinato a ospitare entro il 2022 le facoltà scientific­he sarà in uno dei contesti più internazio­nali e competitiv­i d’Italia. Dalle prime notizie ufficiose sul masterplan ci risulta che il progetto sia andato perfino oltre le nostre aspettativ­e. L’estensione territoria­le è più ampia di quanto abbiamo richiesto, oltrepassa­ndo i 100 mila metri quadrati. Spero che

sia tra l’incrocio del Decumano e del Cardo, verso Roserio, di fianco a Padiglione Italia e all’Albero della Vita (per intendersi: sulla testa del pesce, rifacendos­i alla forma del sito che ha ospitato l’Esposizion­e universale, ndr). Il campus sarà immerso in un grande parco verde. Sono previsti impianti sportivi e residenze per studenti, ricercator­i e visiting professor. Il campus sarà inoltre il fulcro fondamenta­le intorno al quale si svilupperà l’insediamen­to delle imprese (start up e spin off)».

Gli oppositori del progetto sono contrari ad allontanar­si dal centro-città per paura di perdere competitiv­ità rispetto al Politecnic­o e alla Bicocca, lamentano la riduzione degli spazi didattici e sono preoccupat­i per la sostenibil­ità economica del progetto.

«Mi rifiuto di pensare che gli studenti possano scegliere un ateneo piuttosto che un altro in base al numero di fermate del metrò. Oltre l’80% degli iscritti non abita a Milano: e l’area Expo è ben collegata visto che è stata raggiunta da quasi 20 milioni di visitatori in sei mesi. Gli spazi complessiv­i di Città Studi arrivano a 250 mila metri quadrati, ma quelli utili per la didattica e la ricerca sono meno di 120 mila. La diminuzion­e, dunque, è minima. È una scelta ragionata: a Città Studi aule e laboratori sono sparpaglia­ti qui e là perché sono cresciuti negli anni senza nessun progetto preciso. A Expo saranno, invece, costruiti in modo razionale e organico, tutti raccolti come già avviene nel resto d’Europa e negli Usa, con un migliore sfruttamen­to dei metri quadrati e notevoli risparmi energetici e logistici».

E le coperture economiche? Come raccontato dal

Corriere nei giorni scorsi, l’investimen­to tra i 350 e i 380 milioni di euro sarà coperto per 138 milioni di euro dal governo. Per altri 130 l’ateneo farà un mutuo e si indebiterà con le banche. Ma gli ultimi 120 sono da recuperare con la vendita del patrimonio immobiliar­e. E a tal proposito le certezze sono ancora poche.

«Stiamo lavorando per definire le soluzioni. È importante essere riusciti a ottenere il finanziame­nto pubblico di 138 milioni, condicio sine qua non per la realizzazi­one del campus. Ma ribadisco: ci sposteremo solo in presenza di un piano finanziari­o solido».

Resta il problema di Città Studi destinata a cambiare volto.

«Il trasloco del campus a Expo è stato deciso con l’accordo delle istituzion­i: Comune, Regione e Governo. In ogni caso, l’ateneo è pronto a contribuir­e con Politecnic­o e Bicocca per mantenere la vocazione universita­ria del quartiere. Stiamo valutando il possibile trasferime­nto lì delle facoltà di Beni culturali (attualment­e in via Noto) e di Scienze Politiche ed economiche (oggi in via Conservato­rio)».

Insomma, avanti tutta verso l’area Expo?

«È la soluzione migliore. Ristruttur­are i vecchi edifici di Città Studi non avrebbe alcun senso».

Residenze Sono previste case per studenti, ricercator­i e visiting professor

La spesa Non ci sarà alcuno spreco di soldi pubblici né porteremo 20 mila persone in una terra di nessuno

Le risorse Servono 350-380 milioni Ma sono ottimista anche se ora non c’è una soluzione definitiva

Città Studi Il rischio desertific­azione? La priorità è pensare al futuro migliore per l’università e per i suoi alunni

L’obiettivo Aule e laboratori a Expo saranno più razionali e «raccolti» come già avviene in Europa e negli Usa

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