Corriere della Sera (Milano)

Sprint del governo sull’autonomia Il nodo dei fondi

Maroni: servono più fondi. Tavoli anche in città

- di Marco Cremonesi

La trattativa Stato-Regione per le «ulteriori competenze» della Lombardia è partita. Ma ci sono già divergenze sul tema dei soldi. Intanto, al processo sul viaggio a Tokyo, parla Giacomo Ciriello, ex capo della segreteria di Maroni: «Rinunciò per una questione di programma».

Il match sarà, e già si sapeva, sui soldi. Ma il campo di gioco sarà anche a Milano. La trattativa con lo Stato per l’attribuzio­ne delle «ulteriori competenze» chieste dal referendum del 22 ottobre è ufficialme­nte partita. Ieri, a Roma, Roberto Maroni è stato ascoltato dalla Bicamerale sul federalism­o fiscale. Poi, con il collega emiliano Stefano Bonaccini, ha incontrato il sottosegre­tario Gianclaudi­o Bressa per avviare la discussion­e.

Nel pre-partita, la preoccupaz­ione era che il governo volesse dilatare i tempi. Lo faceva pensare lo stesso Bressa: «Se sarà questo governo e questo Parlamento o, come credo sia più probabile, il prossimo, a chiudere il gioco di questa trattativa, l’importante è che stiamo discutendo seriamente di una cosa vera». In realtà, durante l’incontro, Bressa ha annunciato che «il governo non ha intenzione di tirare il pallone in tribuna». Anzi, avrebbe manifestat­o l’intenzione di «chiudere prima di Natale». E così, l’agenda è a tappe serrate: «L’idea è quella di fare dieci incontri prima di Natale», spiega Maroni.

La novità è che i tavoli non saranno soltanto nella Capitale. Il primo sarà ancora a Roma, il 16 novembre: «Servirà a decidere — spiega Maroni — come saranno suddivise le materie tra i diversi tavoli». Poi, ce ne sarà un secondo a Bologna il giorno successivo: «Mi va bene che Bologna venga prima — dice il governator­e —. L’incontro cade di venerdì 17... ». Il debutto milanese è invece fissato per il 21 novembre: «Senza referendum i tavoli territoria­li non ci sarebbero mai stati». Delle 23 materie che la Costituzio­ne italiane ritiene attribuibi­li alle Regioni, 5 saranno discusse a Milano, altrettant­e a Bologna e 13 a Roma: «Noi — chiarisce Maroni — saremo a tutti gli appuntamen­ti di Bologna, dato che continuiam­o a chiedere tutte e 23 le competenze».

Maroni era accompagna­to dagli assessori Gianni Fava e Massimo Garavaglia, entrambi leghisti, e presto potrebbe incrociare un altro compagno di partito, il vice di Matteo Salvini Giancarlo Giorgetti. È infatti il presidente della Bicamerale per l’attuazione del federalism­o fiscale. In realtà, a Maroni non dispiacere­bbe vedere al tavolo il vice di Giorgetti, il pd Davide Marantelli. Che non solo «è un federalist­a autentico». Ma in quanto Dem sarebbe in grado di allargare la copertura politica dell’operazione autonomia.

Quelli che Bressa non sembra intenziona­to ad allargare sono i cordoni della borsa: «Bisogna chiarire che non si tratta di trattenere nelle Regioni i 9/10 delle risorse», ma soltanto quelle «che servono per gestire le funzioni in più che vengono date. Se ogni regione tratteness­e il 90 per cento delle tasse che vengono prodotte nel suo territorio, non ci sarebbe più la Repubblica Italiana». Ed è qui che Maroni non è d’accordo: «Noi chiediamo anche risorse aggiuntive. Non quelle, cioé, che lo Stato spende oggi, ma anche quelle che lo Stato potrebbe spendere, fondi che continuano a rimanere bloccati. Noi crediamo, ad esempio su infrastrut­ture e educazione, che quelle risorse debbano invece essere spese».

Lunedì Maroni riunirà i capigruppo regionali per aggiornare le forze politiche. Anche il capogruppo Mdp, unico partito a non avere approvato la risoluzion­e sulle autonomie? «Io non ho obiezioni, credo saranno invitati tutti. Anche se in realtà tratterò soltanto con chi ha votato Sì».

Il sottosegre­tario Non abbiamo intenzione di tirare il pallone in tribuna. Chiuderemo prima del 25 dicembre

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In audizione Roberto Maroni, 62 anni, governator­e lombardo dal 2013, ieri a Roma per l’autonomia

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