Ciriello difende il presidente: non fu lui a decidere i contratti
Giacomo Ciriello è il capo della segreteria del Roberto Maroni presidente della Regione e prima ancora ministro dell’Interno, e a pronunciare il nome di Maroni fa proprio fatica in Tribunale, dove ieri depone da suo coimputato nel processo per «induzione indebita» e per «turbata libertà della scelta del contraente» nella sistemazione in Expo e in Eupolis di Maria Grazia Paturzo e Mara Carluccio, due già collaboratrici di Maroni al Viminale. «Ero al corrente — dice Ciriello — che avrebbe voluto avvalersi ancora, nelle forme consentite, di alcune figure di diretta collaborazione di cui aveva stima»: fu quindi Maroni a dire dove collocarle? «In questi termini no... Non è mai entrato nel dettaglio con me», è «un politico un po’ un extraterrestre, mi lasciò ampia autonomia nella scelta dei componenti della sua segreteria», e io «ritenni che non fosse questo lo spazio più adatto per ottimizzare le risorse Paturzo-Carluccio», piuttosto «ci si rese conto che i profili di queste due persone potevano essere adeguati per l’Expo World Tour». Il pm legge intercettazioni da cui parrebbe più incisivo il ruolo di Maroni, ma Ciriello non deflette: «Maroni aveva in mente delle collaborazioni, ci aveva dato l’indicazione generale che avrebbe avuto piacere di poter contare su queste due figure, ma il dove e le strade (lecite) erano un tema nostro» (cioè della struttura tecnica). E quindi chi decise che Paturzo andasse in Expo? «Nel confronto con Expo era naturale che noi sviluppassimo un progetto...». Ma noi chi? «La Regione». Ma in Regione chi? «Si facevano ragionamenti». Ma con chi? «In generale mi capitava anche con il presidente, con Malangone, con Arditti (due dirigenti Expo, ndr), talvolta con lo stesso Sala». E perché Maroni, dopo tutto il lavorìo del suo staff sullo staff di Sala affinché Expo si accollasse le spese di Paturzo nella trasferta a Tokyo, all’ultimo momento annullò il viaggio (delegandolo al suo vice Mantovani) e ripiegò su Berna? «Per il programma che aveva ancora incertezze», è la risposta di Ciriello, che il pm Eugenio Fusco confronta però con il fatto che la missione a Berna fosse stata in realtà talmente raffazzonata da essersi risolta (essa sì) in una modesta toccata e fuga da un paio d’ore. E leggendo intercettazioni della portavoce di Maroni, Isabella Votino, il pm domanda a Ciriello se la decisione di Maroni di non volare più a Tokyo dipese dal fatto che Votino avesse espresso disappunto per la presenza di Paturzo in delegazione con Maroni, ma Ciriello giura di no, «non fu per l’upset della Votino» (anglicismo traducibile come l’essere Votino «capovolta», contrariata, adirata).
Maroni, che aveva ottenuto lo stop del processo nel mese pre-referendum anche in cambio della fissazione del suo interrogatorio a ieri, non si è presentato a motivo degli incontri a Roma con il governo sulla richiesta di maggiori competenze autonomistiche. Il Tribunale ha accettato di spostare l’interrogatorio al pomeriggio del 30 novembre.