QUANDO LO SCIOPERO DEL VENERDÌ SEMBRA L’ANTICIPO DEL WEEKEND
Caro Schiavi, torno anch’io sullo sciopero che mette in difficoltà tanti pendolari come me. Userò la macchina, sperando nel sole e non nella pioggia, farò la spola tra l’ufficio e la scuola di mio figlio, avrò un’altra giornata bestiale nella città che comunque amo. Mi chiedo e le chiedo, ma perché sempre di venerdì questi blocchi dei mezzi e degli uffici pubblici, è una strategia per farci soffrire di più?
Cara Nicoletta, premetto di non capire la sistematicità con la quale i sindacati hanno fissato nel venerdì il giorno canonico dello sciopero. Per anticipare la settimana corta o il weekend, dice qualcuno, ispirato dal motto dell’Ordine inglese della Giarrettiera, qui mal y pense (sia svergognato colui che pensa male, ndr). Ma potrebbe essere la volontà di creare il maggior disagio e il massimo ascolto della politica, anche se i disagi alla fine ricadono sulle spalle di altri lavoratori e delle famiglie, che spesso non capiscono proprio i motivi della protesta. Ci potrebbe anche essere una ragione di marketing, per finire sui giornali e nei notiziari che contano: un titolo «Città paralizzata dallo sciopero» è pur sempre una notizia e i sindacati di base che hanno proclamato l’agitazione lo sanno bene. Ma noi cittadini non facciamo calcoli. Noi siamo i danneggiati, purtroppo. E quando piove ancora di più. Vorremmo poter dire, come la mamma che ha scritto ieri al Corriere, #hosceltoMilano perché questa è una città civile, che sa spiegare le ragioni di una protesta, che cerca di venire incontro alle persone che lavorano, che non mi lascia nel dubbio se le maestre scioperano oppure se il treno appena prima o appena dopo la fascia protetta (per le ferrovie tra le 6 e le 9 e tra le 18 e le 21) partirà o meno in orario.
Lo sciopero è un diritto e in questi tempi di precarietà e di scarsa occupazione ci sono ragioni importanti per affermarlo, anche non necessariamente di venerdì. Vede cara Nicoletta, io come lei stra-amo Milano anche quando mi fa arrabbiare, ma ogni tanto ho la sensazione che certe lezioni del passato non siano servite a niente. C’è stato un momento, all’incirca vent’anni fa, in cui gli scioperi diventarono un rito stanco anche per i sindacati, sempre più isolati dall’esercito dei cittadini penalizzati: l’allora segretario della Camera del lavoro, Panzeri, disse che bisognava trovare nuove forme di concertazione e stabilire un’alleanza con i cittadini, non un conflitto. Siamo tornati indietro: non c’è una strategia per farci soffrire di più. Non c’è proprio strategia.