La fotografia come mezzo di archiviazione
Osservatorio Prada
«Questioning Pictures» è un progetto espositivo del fotografo Stefano Graziani da oggi in mostra all’Osservatorio Prada di Galleria Vittorio Emanuele (fino al 26 febbraio). Curato da Francesco Zanot, è costituito da un inedito corpus di opere commissionate dalla Fondazione che esplorano la fotografia come strumento di narrazione, catalogazione e reinterpretazione specie dell’architettura, del design e degli interni. Graziani indaga i sistemi di archiviazione e conservazione di musei come il Canadian Centre for Architecture (CCA) di Montreal, la casa di Sir John Soane’s a Londra, Castelvecchio a Verona e la gipsoteca di Canova a Possagno concentrandosi sul rapporto ambivalente tra fotografia e oggetto. Quella di Graziani è una documentazione artistica esito sempre di uno spostamento, di una decostruzione. I suoi scatti colgono sempre disegni, modelli architettonici, dipinti e altro attraverso un percorso di luci e angoli di ripresa che ne includono elementi di disturbo. La catalogazione diventa così oggetto d’interpretazione, un po’ il contrario dell’anonimo big-data, una specie di antidoto alla noia delle tassonomie e delle tabelle Excel. «Poiché la macchina fotografica è letteralmente un apparecchio per archiviare, ogni fotografia è… a priori un oggetto d’archivio», ricorda Graziani sulla scia della tesi del critico Okwui Enwezor. Quello di Graziani diventa così un anti-archivio che mostra le potenzialità di una registrazione non scientifica. «Questioning Pictures è un crash-test per verificare la capacità del museo di resistere ad attacchi esterni e aumentarne la porosità», aggiunge il curatore Zanot, che ha accompagnato Graziani in molti luoghi di ripresa, sostenendolo nella «perigliosa incombenza di autorizzazioni, permessi…». Tra i 36 oggetti fotografi anche foto di Gordon Matta-Clark, Villa Muller di Adolf Loos, oggetti di Mies van der Rohe, quadri di Lucas Cranach, studi di Aldo Rossi, Carlo Scarpa, James Stirling e Peter Eisenman.