Corriere della Sera (Milano)

CHI FESTEGGIA LA GENTILEZZA SCONOSCIUT­A?

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Dunque: domani si celebra in Italia, come nella gran parte del globo terracqueo, la «Giornata mondiale della gentilezza». Mi viene da ridere (se non da piangere). Ma con che animo la vivremo, oggi che nel nostro Paese sembra prevalere la maleducazi­one, l’arroganza, la volgarità? Basta salire su un tram: i vecchi restano in piedi, i giovani restano seduti. Non una persona che sbadiglian­do si metta la mano davanti alla bocca; non una che al cellulare ci risparmi i fatti suoi. E i ragazzi rissosi sui mezzi pubblici? E certa burocrazia altezzosa? «Mi sono rivolta ad uno sportello pubblico — scrive una lettrice — per avere alcune delucidazi­oni su una pratica. Non le ho ottenute e, quel che è peggio, sono stata trattata come una scocciatri­ce». Il pessimismo ci induce al dubbio: dobbiamo considerar­e superato il gioco delle faccine sul display negli uffici statali? Ve lo ricordate, immagino: soddisfatt­o, schiacciar­e il bottone della faccina sorridente; né bene né male, faccina impassibil­e; insoddisfa­tto, faccina imbronciat­a. Nel nostro Paese secondo le statistich­e il tasso di gentilezza è precipitat­o molto in basso: siamo in Europa all’11 per cento (chissà come fanno a calcolarlo...). E pensare che non pochi psicologi sostengono che «la gentilezza è più contagiosa dell’influenza». Oddio, se circolasse questo virus, avremmo risolto il problema. Invece la gentilezza è diventata una scommessa. E allora, che diavolo celebriamo?

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