Corriere della Sera (Milano)

L’AMERICA FA TENDENZA TRA I LIBRAI CHE RESISTONO

- Ibossi@corriere.it

La prima buona notizia — buona anche se viene da lontano — è che negli Stati Uniti d’America si registra un ritorno delle librerie, di quelle piccole, indipenden­ti, non legate ai grandi colossi editoriali, quelle che negli ultimi dieci, vent’anni avevano chiuso una dopo l’altra, fatte fuori da Amazon e dall’invasione degli e-book che, a meno prezzo di quelli cartacei, si leggono sui tablet.

È prevalsa, evidenteme­nte, la nostalgia o, meglio, il bisogno di quei luoghi protetti dove fosse permesso, a chi ama i libri, sostare come un goloso in una pasticceri­a che cerca, guarda, ammira, pregusta, assaggia qua e là oppure mangia anche soltanto con gli occhi e poi, per lo più, ma senza obbligo, dopo aver chiesto consiglio al mastro pasticcere, se ne va con il suo vassoietto di paste. Con la differenza, non secondaria, che queste alla lunga e in grande quantità fanno male mentre quelli (i libri) fanno soltanto bene e più se ne consuma meglio sta il cervello. E poiché tutto quel che è americano prima o poi arriva da noi, la speranza è che anche in Italia, anche a Milano, tornino ad aprire le amate piccole librerie somigliant­i a luci sempre accese in giorni bigi come questi.

La seconda buona notizia — che, in questo caso, viene invece da vicinissim­o — è che, per opera di una appassiona­tissima giovane lettrice e blogger libresca, una libreria indipenden­te ha già aperto poche settimane fa, e la notizia è doppiament­e buona in quanto il «fatto» succede a ridosso di via Padova, una zona nella quale, almeno in teoria, non sembra facile riuscire a vendere libri.

La terza buona notizia è che a Milano è stato assegnato il titolo di «Città Creativa Unesco per la letteratur­a», riconoscim­ento che va a quei luoghi dove la creatività è anche motore di sviluppo economico, dove, cioè, viene smentita la famosa teoria secondo la quale con la cultura non si mangia.

E qui le buone notizie finiscono: nonostante la forte e riconosciu­ta creatività della nostra città e nonostante, paradossal­mente, vi abbiano sede tutte le maggiori case editrici, sul fronte delle librerie indipenden­ti non c’è, infatti, confronto possibile tra il numero di quelle che aprono e di quelle che, invece, chiudono, drammatica desertific­azione che non si sa come fermare. Chi invoca aiuti pubblici, ombrello di protezione per le imprese che, con la loro attività, «bonificano» il territorio. Chi, in modo abbastanza rivoluzion­ario (come l’avvocato Caterina Malavenda) invita gli orfani di piccole librerie che possono permetters­elo a seguire il suo esempio, a farsi, cioè, soci di una. O, magari, come lei, di più di una.

In attesa che il vento americano giunga anche da noi, l’unica buona pratica possibile per chi non può imitare l’avvocato ma vorrebbe rivedere quei preziosi luoghi perduti, è comprare libri, regalare sempre e soltanto libri.

Negli Usa le piccole botteghe stanno tornando In via Padova ne è appena nata una La speranza è che i casi si moltiplich­ino

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