Addio agli ostelli-topaia «Noi, social network reale dell’accoglienza di qualità»
In città i gestori delle 50 migliori strutture. «È un social network reale»
Milano ospita la Convention annuale dei 50 migliori ostelli d’Europa. «Da noi viene alla ricerca di un’esperienza genuina». Airbnb? «Il più delle volte ci si ritrova da soli in una stanza vuota, con gli ostelli è come far parte di un social network reale».
Come un pranzo di Natale. Che si sa quando inizia, ma non come finisce. Risotto giallo, una ventina di antipasti, dolci. Per non tradire la fama dell’accoglienza all’italiana, Ostello Bello ha inaugurato così la Convention annuale dei 50 migliori ostelli d’Europa che ospita fino a domani. Una sorta di grande alleanza. Un modo per incontrarsi e parlare di come continuare a crescere nel boom degli ostelli di nuova generazione, quelli concepiti più come salotti di casa che come camerate low cost. A tavola (ma oggi pomeriggio anche ospiti del sindaco a Palazzo Marino) va in scena uno scambio di idee tra potenziali competitor, una cosa bella, perché rara.
Come in tutte le grandi famiglie estese ci si vede almeno una volta l’anno: l’ultima volta era toccato a Belgrado fare gli onori di casa. Giovani o comunque giovanili, raccontano della metamorfosi di una soluzione di viaggio. Una volta in ostello ci andava chi non voleva svuotare il portafoglio alla prima curva. «Oggi qui invece si viene alla ricerca di un’esperienza genuina. Chi sceglie un albergo non si siederà mai a far colazione con uno sconosciuto» spiega il portoghese Rui Magro Correia, 39 anni, responsabile di Europe’s Famous Hostel. Ci sarebbe la concorrenza di Airbnb: «Ma lì il più delle volte ci si ritrova da soli in una stanza vuota di una città sconosciuta. Gli ostelli hanno imparato ad alzare l’asticella dei servizi, mantenendo intatto lo spirito di condivisione. Il budget non conta più» aggiunge Correia. «È come far parte di un social network reale. Il nostro diventa anche un servizio di connessione interculturale con la città benefico per tutti» racconta Carlo Dalla Chiesa, Ceo di Ostello Bello. A Milano, per fare un esempio dell’esplosione di questo mercato, nel 2009 c’era un solo ostello a QT8. Oggi sono una quarantina. Stesse proporzioni nel resto d’Europa. Differenziarsi diventa la chiave. «Organizziamo eventi, concerti, degustazioni. Il pubblico ce lo creiamo noi: non ci sentiamo macchine da soldi, ci spinge l’amore per la
nostra città» dicono Monique Segeren e Mirjam Verschoor che da 10 anni in Olanda gestiscono Hostel Room Rotterdam.
C’è ArkaBarka che ha aperto a Belgrado su una chiatta sul Danubio. La ragazza tedesca che dopo aver girovagato per le isole greche ha aperto Stay Hostel a Rodi. Un gruppo di ragazzi svedesi che dopo il master Mba in Sudafrica hanno aperto a Nizza Villa Saint Exupery. Dietro a ogni storia c’è sempre mezzo romanzo. « Perché il viaggio fa parte della nostre esperienze. Per qualcuno è una tappa, per altri un punto d’arrivo. Io quando sono in giro per il mondo scelgo sempre l’ostello» dice Sofia Lizzio, 36 anni, che ad Atene ha aperto AthenStyle, con terrazza (ambitissima) con vista sull’Acropoli. Negli anni è cambiato anche il target: «Da me vengono 18enni e 80enni. Le camere non contano, quello che conta è quello che succede nelle parti comuni» spiega Yaron Abraham, che in Israele ha aperto a Tel Aviv, Gerusalemme e Nazareth. Gli ostelli in questi ultimi dieci anni sono diventati grandi. Ognuno ha mescolato originalità e curiosità. Ma una cosa in comune questi 50 ragazzi ce l’hanno. Aver creato un luogo dove dal cliente non si pretende, ma a cui si offre volentieri. L’ospitalità pensata come fosse una casa, in un business costruito sull’entusiasmo.