Morti d’amianto alla Franco Tosi Pesenti assolto in Cassazione
Una sfilza di assoluzioni a Milano, alcune condanne invece in altri Tribunali d’Italia (specie Torino): poiché questo era lo stato dell’arte nei gradi merito dei processi per morti da amianto sui luoghi di lavoro, ecco che diventava importante attendere il primo approdo in Cassazione della scuola di pensiero milanese. E il primo caso è stato il processo per i 35 operai ammalatisi e morti di mesotelioma pleurico per l’esposizione all’amianto nello stabilimento metalmeccanico Franco Tosi e Ansaldo negli anni 50-90 morti a Legnano: la IV sezione della Cassazione, presieduta da Rocco Blaiotta, ha confermato l’assoluzione di Giampiero Pesenti (per il quale i difensori Giuseppe Bana e Franco Coppi si erano confrontati in primo grado con una richiesta di condanna a 6 anni per omicidio colposo plurimo quale componente del comitato esecutivo 19731980), e di altri sette dirigenti (difesi da Giacomo Gualtieri e Corrado Pagano) per i quali invece l’accusa aveva sin dall’inizio chiesto l’assoluzione perché in carica in periodi nei quali
l’amianto era già stato sostituito in azienda.
Il ricorso presentato in Cassazione dalla Procura generale di Milano e dalle parti civili («Associazione italiana esposti amianto» e «Medicina democratica») valorizzava la teoria dell’«effetto acceleratore», secondo la quale, una volta innescatasi la malattia, il protrarsi dell’esposizione sarebbe inevitabilmente legata all’accelerazione del processo di cancerogenesi, sicché tutti i periodi di esposizione all’amianto precedenti la diagnosi del tumore, e quindi tutti i relativi periodi di dirigenza dei vari amministratori, sarebbero concausa della malattia. Ma la Cassazione, confermando l’assoluzione per i manager della Franco Tosi, ha ribadito invece l’orientamento delle sentenze emesse nel 20152017 dal Tribunale di Milano, dove le assoluzioni sono sempre state motivate dalla prospettata incapacità dell’epidemiologia di indicare una legge di copertura scientifica: e cioè di individuare «il segmento di tempo in cui (tutte) le esposizioni sono rilevanti, non potendone conoscere l’inizio, né la fine, né la durata e quindi nemmeno la collocazione sulla linea della vita del lavoratore esposto all’amianto».