Soldi e diamanti Il tesoro dei furti nel campo rom
Lanciavano sassi prima dei furti. La polizia irrompe nel campo rom
In via Monte Bisbino, nella villetta di Marco Marchic, a ridosso dei campi rom, gli investigatori hanno recuperato orologi, diamanti, contanti. Il «capo» da qui comandava ladri e gestiva traffici. Le bande lanciavano sassi alle finestre delle case prescelte prima di agire.
«Volete pure questo? Eccolo, prendetevelo, tanto è falso...».
L’ultima frase da spaccone la pronuncia quando la polizia ha già circondato il campo, un elicottero sorvola le case di via Monte Bisbino, nella sua villetta gli investigatori hanno appena recuperato orologi, oro, gioielli, penne di pregio, diamanti, quasi 70 mila euro in contanti. È in quel momento che il «capo», Marco Marchic, 42 anni, alza il braccio mostrando l’orologio che porta al polso.
Gli hanno sequestrato pure quello: un Rolex, vero, da 40 mila euro.
Finisce così (per il momento), all’alba di mercoledì, la carriera criminale dell’uomo che dalla sua villetta nell’enclave rom a ridosso dell’autostrada dei Laghi comandava bande di ladri, gestiva canali di ricettazione, organizzava truffe da centinaia di migliaia di euro. I furti in appartamento a Milano avvengono per «filoni», passaggi di gruppi organizzati, e una corposa scia di questi reati portava proprio tra quella decina di case e altrettante roulotte con vista sull’«albero della vita» dell’Expo.
Pesanti tracce di questa attività sono ora descritte in centinaia di pagine di prove e intercettazioni raccolte dalla sezione anti-rapine della Squadra mobile, coordinata dal dirigente Lorenzo Bucossi e dal funzionario Luca Izzo. L’operazione, seguita dal pm David Monti, è stata chiamata «Little stone»: piccole pietre che le batterie di ladri, una volta all’interno dei cortili dei palazzi, scagliavano contro le finestre degli appartamenti tra primo e secondo piano. Era il momento della verifica. Se dopo il colpo sui vetri nessuno usciva, o nessuna luce s’accendeva, avevano la certezza che la casa fosse vuota. Uno allora s’arrampicava sulla grondaia, scassinava porte o finestre e apriva poi ai due complici. I poliziotti hanno documentato otto furti, tutti in zona Monforte, tra metà gennaio e febbraio 2017. La chiusura dell’indagine, con le perquisizioni in Monte Bisbino, apre però molte possibilità di nuovi accertamenti: dagli orologi sequestrati, e dalle tante scatole vuote, sarà probabilmente possibi le col legare l a rete di Marchic a molti altri furti.
La banda di ladri s’è fermata per una storia di infedeltà interna. Un giorno di inizio marzo, un paio di albanesi si presentano in Monte Bisbino e dicono al capo che i «suoi» ragazzi (Andrea Radosavljevic, 18 anni, figlio di Marchic, e Gianni Jovanovic, 19 anni, entrambi arrestati) hanno un debito di cocaina non pagata. L’uomo ha grande rispetto per gli albanesi, risolve la cosa, ma nel frattempo si informa e scopre che i ladri facevano la «cresta». Non consegnavano tutto quel che rubavano, ma imboscavano qualcosa per pagare le serate in discoteca, lo champagne, la cocaina. A quel punto tutti i giovani ladri, figlio compreso, vengono cacciati dal campo; uno viene addirittura accompagnato di persona in Serbia, ed è oggi l’unico ricercato.
In un sotto tetto della villetta del capo, mercoledì mattina, i poliziotti trovano però anche una montagna di denaro falso. Euro, dollari, franchi svizzeri: strumenti del «secondo mestiere» della holding criminale che da quella zona tra Milano e Baranzate organizza truffe su mezza Europa. Sono (anche) in Monte Bisbino gli specialisti del rip deal, personaggi in giacca e cravatta che perlustrano ogni giorno la Rete e si inseriscono in trattative per l’acquisto di case, barche, gioielli. Si muovono in un mondo grigio di affaristi border line (la maggior parte sono svizzeri o tedeschi) a cui fanno poi annusare la possibilità di cambiare, con una percentuale vantaggiosa, contanti per centinaia di migliaia di euro. Lo scambio si conclude con la truffa.