IL BUONSENSO CHE VA IN FUMO FUORI DAI BAR E DOPO LE LEZIONI
a congiurati nel nome di una comune passione/schiavitù.
La lettrice Paola Peretti tuttavia ragiona in particolare per quel che riguarda l’abitudine al fumo di giovani e giovanissimi. Se all’ora di uscita si passa, infatti, davanti a una scuola non soltanto superiore ma, purtroppo anche media, non importa di quale zona, se del centro o della periferia, oppure da una stazione di tram o autobus sempre alla fine delle lezioni, si possono vedere ragazzi e ragazze che febbrilmente si accendono sigarette e che febbrilmente — pur, a volte, tossendo — aspirano, e, spesso, davvero non hanno più di tredici o quattordici anni.
È chiaro che gli uni come le altre cerchino di darsi a vicenda un’aria vissuta, da grandi, nella speranza, probabilmente, di riuscire a far colpo sull’una o sull’altro; e a chi li guarda non possono che ispirare tenerezza. Armeggiano fintamente disinvolti e in realtà ancora maldestri con le loro cerimonie del fumo, e se non fosse per la paura di venire presi a male parole (non rompere, fatti i fatti tuoi e via in crescendo), verrebbe voglia di rispiegare loro per bene e nei dettagli dove spesso conducano quelle sigarette fumate per gioco più che altro, per sembrare già adulti e anche un po’ scafati.
E chissà se i genitori sono al corrente, se davvero non hanno idea che una buona parte della paghetta dei figli se ne va, letteralmente, in fumo. In tal caso non sentono l’odore di sigarette nei loro vestiti, tra i capelli e nel respiro? Anche a loro verrebbe voglia di rivolgersi affinché in famiglia rispieghino per bene e nei dettagli, dove spesso conducano quelle sigarette. Inutili oltretutto perché, sebbene i ragazzi siano convinti del contrario, è raro e difficile, quasi impossibile, che ne basti una — o anche molte — per trasformare, agli occhi di un coetaneo, un adolescente insicuro in un giovane seducente.