Delitto di Affori Una telecamera non funzionava
Orientata verso l’alto, inutili i filmati
Una delle telecamere installate dal Comune a Villa Litta di Affori avrebbe forse potuto riprendere l’omicidio di Marilena Negri, la donna di 67 anni uccisa giovedì mattina. Lo strumento era però male orientato e puntava sui tetti dei palazzi, le registrazioni quindi inutilizzabili. Continuano le indagini tra i disperati che stazionano in zona.
L’anomalia tecnica potrebbe forse non inquinare le indagini della Squadra mobile, a caccia del killer di Marilena Negri, 67 anni, uccisa giovedì mattina nel parco di Villa Litta, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione in via Novaro. Ma resta un dato, incrociato dal Corriere con più fonti: una delle telecamere del Comune, una di quelle, in virtù della sua posizione, «capace» di riprendere con risultati decisivi la zona dell’omicidio, era sì in funzione ma in quanto «inclinata» puntava in alto (sui tetti dei palazzi) e non verso la strada e, più avanti, verso i giardinetti dove Marilena, mamma di Andrea, Valentina e Luca, mentre era a passeggio con il cane è stata aggredita, colpita alla carotide con un coltello e derubata della borsetta.
Venerdì mattina la telecamera, installata a breve distanza dall’ingresso di Villa Litta proprio sul versante di via Novaro dov’è scappato l’assassino non prima di aver svuotato quella stessa borsetta, è stata «trattata» a lungo da un tecnico: a conferma della presenza di un’anomalia e della conseguente necessità di una riparazione che, come riferito da fonti dell’amministrazione, «era in ogni modo già programmata e affidata ad A2A». È lecito ipotizzare che la telecamera avrebbe potuto contribuire a rendere meno sfocata l’immagine dell’assassino fornita da altri impianti, questi «in funzione». Il volto dell’uomo, di carnagione chiara e forse dell’Est Europa, ha punti in comune con le descrizioni rese il 13 novembre da una ragazza rapinata e violentata all’uscita dall’ospedale Niguarda e con il racconto di una mamma, che spingeva il passeggino con il figlio e derubata due giorni dopo, tra via Enrico Fermi e via Vincenzo da Seregno. In entrambi i casi, il balordo era armato di un coltello premuto sulla gola delle vittime, un modus operandi non comune nelle rapine di strada. Un nuovo sopralluogo del Corriere nella giornata di ieri ha permesso sia di raccogliere ulteriori proteste dei frequentatori di Villa Litta per la mancata illuminazione di vasti tratti bui, specie a ridosso della vasta area cani, sia di registrare la presenza negli immediati dintorni di giacigli di fortuna. Per esempio, attraverso una rete metallica divelta, laterale al cancello del parco su via Moneta, si percorre un corridoio di sterpaglie e s’arriva a una piccola struttura pericolante: una cappella con altare, inginocchiatoio, un quadro, immaginette, ceri e una coperta a formare un letto improvvisato. Subito fuori, un cavalletto di legno e un «gradino» ricreato nel muro a colpi di martello permettono di scavalcare agevolmente e ritrovarsi all’interno di Villa Litta. Il killer, anche in considerazione dell’ora del delitto, potrebbe essere uno «stanziale», uno dei tanti disperati che gravitano qui oppure poco lontano, intorno alla vecchia stazione di Affori e nell’ex armeria dietro l’Esselunga. Marilena, l’unica dei quattro fratelli con casa a Milano (Marco, Giacomino e Corrado vivono ad Aprica, in provincia di Sondrio) era abitudinaria al minuto e percorreva sempre lo stesso tratto. Giovedì, poco prima delle 7, con il cane s’è addentrata nei giardinetti dove l’assassino potrebbe anche aver trascorso la notte oppure dove, dopo essersi posizionato, attendeva di colpire la prima persona che passasse, sola e in assenza di testimoni.