LA TIMIDEZZA BIPARTISAN CHE RALLENTA LE BICICLETTE
Reduce da un soggiorno a Copenaghen, la giovane lettrice Annamaria G. dichiara di aver trovato nella capitale della Danimarca il paradiso dei ciclisti.
«Quel che ho visto lassù mi dice che qui da noi , in questo campo, siamo ancora nel profondo Medioevo. Un esempio? I cassonetti di strada sono inclinati in avanti affinché i ciclisti possano gettare le immondizie al volo, senza fermarsi e scendere dalla bici. E ai semafori sono stati sistemati dei piccoli poggiapiedi sulla pista ciclabile perché, aspettando il verde si possa rimanere in sella mantenendo comodamente l’equilibrio. E ci sono ponti costruiti in modo tale da poter essere utilizzati soltanto dai ciclisti e scie luminose che la sera indicano il percorso delle piste. Interventi forse non mirabolanti, però da biciclettara quale sono li ho apprezzati molto. Non si potrebbero copiare da noi questi piccoli asset che magari riuscirebbero a convincere l’uno o l’altro a usare le due ruote invece dell’auto?».
Il cammino è lungo, gentile Annamaria e anche se passi avanti sono stati fatti a Milano, una siderale distanza ci separa da Copenaghen: il modello di traffico non dipende da qualche misterioso fenomeno sovrumano bensì da scelte politiche che da noi sembrano per lo più troppo timide, frenate dall’eterno spauracchio di perdere voti. E la timidezza è bipartisan nel senso che per un verso si va adagio con nuove piste per non dispiacere agli automobilisti che vedono scarseggiare i parcheggi, e per l’altro, per timore, chissà, di non apparire abbastanza ecologici, non si multano i ciclisti che viaggiano in senso contrario, senza luci, che attraversano sulle strisce, che non si fermano ai semafori e che pedalano a tutto spiano sui marciapiedi. Trasformandoli così nella categoria più odiata della città. Se, per contro, si facilitasse loro la vita con sempre più percorsi riservati, si potrebbero sanzionare le loro infrazioni senza rischiare di passare per retrogradi antiprogressisti.
Tornando a Copenaghen, la lettrice Annamaria aggiunge che le piste sono in via di sviluppo anche fuori città per indurre sempre più pendolari a raggiungere scuola o lavoro pedalando. «Statistiche dicono, riferisce, che chi già lo fa (pare sia il 41 per cento del totale) si ammala più raramente, per cui la costruzione di nuovi percorsi per biciclette ha l’effetto di migliorare la salute facendo calare la spesa sanitaria».
E questo in barba al clima danese che, soprattutto d’inverno, tanto clemente non deve essere. A Milano, dove nonostante le promesse del meteo che un giorno sì e un giorno no annuncia l’arrivo della «morsa di gelo», si continua a veleggiare sui dieci, dodici gradi, c’è sempre qualcuno che, per rimarcare l’impossibilità di abbandonare l’auto, protesta indignato: «Non pretenderanno mica che si vada in bicicletta d’inverno?».
Si va adagio con la creazione di nuove piste per non togliere parcheggi alle auto Nessuno vuole rischiare di perdere voti