GLI SDRAIATI NELLA CITTÀ VERTICALE
Milano non è una città orizzontale, appagata. Non lo è per tradizione, non lo è per vocazione. Al contrario è una città inquieta, che gioca d’anticipo e accorcia le distanze. Dinamica e nervosa, capace di incassare con rabbia ma senza drammi la sconfitta al sorteggio per l’Agenzia europea del farmaco. Una città verticale, una smart city allungata su un profilo urbanistico in trasformazione che mette insieme torri storte, quartieri modello con tensioni digitali, appesa alla scommessa dell’innovazione. L’ambientazione migliore per un film, Gli sdraiati di Francesca Archibugi dal romanzo di Michele Serra, nelle sale in questi giorni, che approfondisce il geometrico contrasto tra la generazione né-né, gli adolescenti né passioni né aspirazioni, ripiegata e orizzontale, e la generazione dei cinquantenni, connessi alla carriera più che alla famiglia, in cronico ritardo sull’orologio sentimentale. Padri di successo, ma in crisi di autostima, contro figli ultra precari, seduti sul divano con la banda degli amici, videogiochi, birra e wurstel, in bicicletta tra l’Arco della Pace e Cadorna, nel cortile, nelle aule o sui tetti del liceo Manzoni, sotto le insegne dei centri cittadini alternativi, da Porta Nuova a Citylife. Una Milano mai vista al cinema, che diventa non solo il punto focale dello scontro tra gli sdraiati e la generazione verticale, oltre ogni smarrimento, ma anche l’ultima frontiera per agganciare il Cambiamento.
Giorgio Selva (Claudio Bisio) è un giornalista televisivo, separato dalla moglie, in conflitto con il figlio diciassettenne, di cui ha l’affido condiviso. In una delle scene chiave, passeggia come un’ombra digitale sulla sagoma di uno skyline steso sui grattacieli e i monumenti. Francesca Archibugi, romana, sostiene di aver usato «uno sguardo sulla città da terrona, vergine, senza pregiudizi e luoghi comuni». Tra i meriti del film, e qui va ricordato il contributo della sceneggiatura scritta con Francesco Piccolo, c’è dunque la ristrutturazione dell’immagine di una Milano fotogenica ed espressiva nei suoi slanci urbanistici e architettonici. Selva/Bisio ha il ritmo perpendicolare dell’uomo di successo che ha perso il passo e arranca per recuperare. Il momento più intenso è quando parla del libro che vorrebbe scrivere e che racconta, in un futuro post apocalittico, la guerra finale tra giovani e anziani. E il punto di vista è sempre quello della città verticale.