«Non bisogna avere paura del futuro»
Marco Paolini al Piccolo con «Le avventure di Numero Primo», fiaba poetica sulla tecnologia
«Fino a dieci anni fa nessuno poteva immaginare che il telefono diventasse uno strumento in grado di trovare persone, cose e luoghi, una protesi che ci connette ben oltre i nostri sensi, ma attenzione se la tecnologia ha cambiato la nostra vita non dimentichiamoci che sta a noi educarla, proprio come una figlia». Marco Paolini, maestro del teatro di realtà e di memoria, inverte la rotta e si proietta nel futuro con «Le avventure di Numero Primo», il suo nuovo monologo scritto a quattro mani con Gianfranco Bettin. «Nessuna lezioncina di fantascienza, tanto meno un atto di demonizzazione», afferma l’attore, «piuttosto una storia fantastica in cui si applica lo stupore del presente per immaginare il nostro domani» .
Protagonista della vicenda Ettore, un fotografo di guerra che si innamora sul web di una donna che morirà presto, ciò che rimane di lei oltre al ricordo, è quel figlio adottivo arrivato via internet che gli cambierà la vita, il suo nome è Nicola ma lui preferisce farsi chiamare Numero Primo. Un racconto dove poesia, teatro e immagime nazione si fondono per riflettere sul nostro tempo, «ci siamo divertiti a mettere in relazione il presente e un futuro possibile per ridare un ruolo alla cultura e alla possibilità di intervenire sul destino delle nostre vite, ma anche per capirne di più e non giocare solo in difesa coraffreddore, fanno molti intellettuali».
Tra le pagine del testo scenari avveniristici abitati da auto che guidano da sole ed esseri umani geneticamente modificati capaci di connettersi con la forza del pensiero, ma anche negozi che vendono frutta e verdura come medicina per il o agli studenti per essere più brillanti agli esami, e sul tema didattica l’ironia non manca: «qui immaginiamo una scuola competitiva il cui obiettivo non è dare un’istruzione per tutti, ma far emergere i talenti nascosti, l’esatto opposto di ciò che do- vrebbe essere» . Un racconto fantastico, ma riconoscibile e dunque spiazzante, ambientato in una zona che Paolini ben conosce, tra Venezia e la sua terraferma dal Garda a Trieste, dalla Laguna alle Alpi, il contesto scelto dall’attore per dichiarare il suo punto di vista. «È importante calarsi nella realtà delle nuove generazioni, adottare quel Numero Primo che senza il bisogno della ius soli è già tra noi, ma attenzione a non fuggire dalle nostre responsabilità, se chiamiamo Madre la natura, la tecnologia dovrebbe essere la discendente, sta a noi genitori seguirla ed educarla». Infine una domanda d’obbligo, che rapporto ha Paolini con quella «figlia» nella vita di tutti i giorni? «I miei file sono quaderni, stampo i documenti e scrivo gli appunti a matita, un libro per leggerlo ho bisogno che sia cartaceo, e se mi arriva una mail non rispondo subito, non le riconosco il diritto di interrompere ciò che sto facendo. Insomma ho creato un cuscinetto che rispetta il mio benessere».