OPEN DAY LA MIRA È SBAGLIATA
Gli open day non sono una novità. Ormai sono una moda. La sorpresa sta nei numeri e nelle informazioni fornite l’altro giorno dal giornale. Code dinanzi alle scuole, prenotazioni fin dalla seconda media, turni per i visitatori. C’è da chiedersi: perché soprattutto nei licei e non, per esempio, nei Cfp regionali per richiedere a gran voce la straordinaria opportunità dell’apprendistato formativo che sarebbe una vera rivoluzione per la qualità dell’insegnamento e, insieme, per quella del lavoro nostrano? L’interrogativo non è innocente. Se fosse vero, infatti, che le scelte individuali sono frutto di calcoli razionali dei costi e dei benefici si dovrebbe optare per la seconda strada. Probabilmente, tuttavia, hanno ragione i sostenitori della teoria che fa conseguire le scelte dalle condizioni di ceto, status, ambiente culturale delle famiglie e dalle aspettative che esse alimentano. C’è anche chi farebbe dipendere le scelte dalle azioni professionali erogate da esperti in apposite strutture dedicate. E ciò soprattutto tra un ciclo e l’altro. Forse, come sempre, queste teorie sono tutte in parte vere. L’unica che pare assente però è quella pedagogica. Non sembra infatti che i ragazzi siano i veri protagonisti delle scelte. Perché, ad esempio, le scuole medie, usando le 160 ore introdotte fin dal 1977, non mandano i preadolescenti per almeno una settimana nelle classi rispettivamente di licei, tecnici e Cfp e poi riflettono insieme su queste esperienze? Non sarebbe questo il vero open day?