Per un cinema fuori dagli schemi
Dalla camorra alla crisi economica, dai clandestini ai papa-boys: le scelte del festival Filmmaker
Filmmaker è stato uno dei primi festival in Italia a mostrare e produrre documentari: oggi accoglie ogni tipo di cinema fuori schema, capace di parlare della realtà, senza etichette. Ad aprire il programma all’Arcobaleno Film Center (domani alle 21.30) è «L’Atelier» di Laurent Cantet, già applaudito a Cannes. Il regista Palma d’oro per «La Classe» torna a occuparsi di scuola: questa volta di tratta di un laboratorio di scrittura creativa in una città operaia francese, La Ciotat, messa in ginocchio dalla crisi. Intellettuali borghesi e giovani proletari: lo scontro sarà devastante. Vincerà il pessimismo alla Camus o l’ottimismo malgrado tutto? Film di chiusura è «Nato a Casal di Principe» di Bruno Oliviero (all’Arcobaleno il 10, ore 21): la storia vera di Amedeo Letizia, un ragazzo che va a Roma alla fine degli anni 80 a fare l’attore e quando torna scopre che suo fratello è stato fatto sparire dalla camorra. Evitando gli stereotipi e la spettacolarizzazione alla «Gomorra», il regista di «La variabile umana» sceglie il punto di vista di chi è onesto e cerca di resistere.
Tra gli undici film del concorso si trovano nomi noti come Nicholas Klotz (che in «L’Heroïque Lande. La frontière brule» racconta i clandestini di Calais) e Lech Kowalski (che in «I Pay for Your Story» racconta la fine del sogno americano dalla prospettiva di Utita ca, New York). Tocchi di Milano e dintorni: «L’ultima popstar» di Claudio Casazza, Carlo Prevosti e Stefano Zoja racconta il popolo di papa Francesco in visita a Monza; «La Convocazione» di Enrico Maisto indaga la figura del giudice popolare, il comune cittadino che diven«Six magistrato. E c’è un omaggio a Francesco Ballo (il 7 alle 19.30, all’Arcobaleno), massimo studioso di Buster Keaton, storico docente dell’Accademia di Brera e autore anche di noir autoprodotti.
Maestri: dal 3 il veterano Alain Cavalier presenta i suoi Portraits» realizzati in digitale. Di grande spessore la retrospettiva di Alberto Grifi curata da Annamaria Licciardello e Luca Mosso: il regista scomparso nel 2007 è stato il padre di «Blob» con il dissacrante «Verifica incerta», realizzato nel 1964-65 con spezzoni di film hollywoodiani; e negli anni Settanta ha usato il video per sfondare i confini tra recitazione e realtà (come in «Anna») o per documentare la controcultura giovanile, le carceri e i manicomi. Le dieci ore di riprese del festival del proletariato giovanile al Parco Lambro del 1976 sono riproposte come videoinstallazione su sette monitor, alla Casa del pane (inaugurazione il 2 alle 17). La stessa sede ospita anche la masterclass di Michelangelo Frammartino «Filmare l’invisibile» (il 7 alle 17). Secondo il regista di «Le quattro volte», il cinema è «una macchina che ha il potere non solo di filmare le cose, ma anche di radiografarne lo scheletro, di farci percepire la stoffa invisibile di cui tutti siamo fatti».