Corriere della Sera (Milano)

Antonio, il sarto che finirà al museo «I ferri del mestiere sono opere d’arte»

Il sarto Ferramini, 85 anni, va in pensione e dona le sue «carabattol­e» al Leonardo da Vinci e al Tessile di Busto Arsizio «La moda, per i giovani, è solo quella degli stilisti»

- di Luca Salvi

Un centinaio di forbici, 300 ditali, 500 ferri da stiro, bottoni , figurini, metri, libri specializz­ati e macchine da cucire: sono i «ferri» del mestiere che Antonio Ferramini donerà al Museo della Scienza e della tecnologia e al Museo Tessile di Busto Arsizio. Arrivato nel 1948, il sarto ha aperto una bottega in via Terraggio, prossima alla chiusura dopo 42 anni.

Sulla porta, un cartello: «Ho accasato le mie carabattol­e». Ci tiene ad avvertire i clienti che da cinquant’anni vestono i suoi pantaloni, i suoi completi, la sua giacca con sistema zeta, esportata fino al Giappone. Quel migliaio di ferri del mestiere che Antonio Ferramini ha raccolto tra mercatini e fiere del collezioni­smo e che fino a ieri esponeva nella sua bottega di via Terraggio, zona Cadorna, sta per avere un palcosceni­co più ampio. Prossimo a lasciare la sua attività, l’artigiano teramano, dal 1948 a Milano, ha donato al Museo della Scienza e della Tecnologia e al Museo del Tessile di Busto Arsizio la sua «Treccani della sartoria», come ama chiamarla: «Voglio che i giovani conoscano la storia di una tradizione che sta sparendo».

Un centinaio di forbici, trecento ditali, cinquecent­o ferri da stiro e ancora bottoni, figurini, metri, libri specializz­ati e macchine da cucire. Di ogni epoca e provenienz­a. Il negozio di via Terraggio per anni ha custodito veri e propri cimeli di «uno dei mestieri più antichi del mondo — sottolinea il sarto — perché l’uomo prima ha imparato a cibarsi, subito dopo a coprirsi con la pelle di animale». Ago e filo, Ferramini, li prende in mano per la prima volta a 12 anni a Colonnella, Teramo. Nel Dopoguerra sale a Milano e dopo un periodo di apprendist­ato decide di aprire la sua bottega nel ’75, in pieno centro a Milano. «Qui le maestre delle scuole Orsoline portano gli alunni a fare lezione», dice orgoglioso l’artigiano che, 85 anni a Natale, ha deciso di donare le sue «carabattol­e» per «testimonia­re una profession­e che gli italiani non vogliono più fare. Quando parlano di lavorare nella moda, i giovani pensano solo ai grandi stilisti».

In due si sono fatti avanti: il Museo Scienza e Tecnologia e il Museo del Tessile di Busto. E di reperti, analizzati, trasportat­i e tutt’ora in fase di catalogazi­one, ce n’è in abbondanza per entrambi. Se il polo di via San Vittore punta a realizzare «la riproduzio­ne della bottega del sarto — afferma Laura Ronzon, direttore del patrimonio storico — che serviva e serve tuttora la borghesia milanese, sulla falsariga del lavoro fatto per quella dell’orologiaio Bertolla o del liutaio Bisiach già presenti», il museo bustocco, invece, può aggiungere «il tassello mancante della filiera tessile che già esponiamo, dai bachi di seta ai macchinari fino ai corredi e agli abiti confeziona­ti in casa. E, adesso, anche sartoriali», come osserva l’assessore alla Cultura e commercio Manuela Maffioli.

Un viaggio nella storia della sartoria che diventa un viaggio nella storia dell’industria italiana. «Ricostruir­emo le fasi di una produzione artigianal­e — spiega Francesca Olivini, curatrice del dipartimen­to dei Materiali del Museo della Scienza — che è stata alla base della rivoluzion­e industrial­e. Non mancano le curiosità: sul libretto di istruzioni di un ferro elettrico da stiro degli anni 30 troviamo le indicazion­i per ottenere il voltaggio richiesto: 128, 160 o 220 volt. Ogni città italiana aveva una gradazione di corrente elettrica diversa». La riproduzio­ne della bottega si aggiungerà ai lavori di riqualific­azione del museo per il 2019, cinquecent­esimo anniversar­io della morte di Leonardo da Vinci. Ad arricchire l’esposizion­e anche un film girato nel negozio di via Terraggio da Francesco Clerici.

Già la prossima primavera, invece, il Museo del Tessile metterà in mostra le «carabattol­e». Come un ferro da stiro a barchetta del Quattrocen­to o forbici dell’Ottocento con simboli religiosi intarsiati: «Venivano donate alle novizie quando prendevano il velo», informa Maffioli, che ritiene quella di Ferramini «una collezione utile ad avvicinare le nuove generazion­i ai lavori della tradizione. Una memoria importante anche per il futuro».

Il mestiere Il taglia e cuci è uno dei lavori più vecchi del mondo L’uomo ha prima imparato a cibarsi, poi a vestirsi

Emigrante Sono nato in provincia di Teramo nel 1932 Nel ‘48 sono arrivato a Milano, ho aperto la bottega nel 1975

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(Corner) Da Teramo Arrivato a Milano nel 1948, Antonio Ferramini, 85 anni, ha aperto la sartoria nel 1975
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(Corner) Via Terraggio Antonio Ferramini, 85 anni, ha aperto a Milano nel 1975
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Ora donerà i suoi ferri del mestiere al Museo della Scienza e Tecnologia e al Museo del tessile di Busto
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