Corriere della Sera (Milano)

Il vicinato dell’arcivescov­o

Il richiamo alle culture dei popoli e l’indizione del sinodo

- Rossi

Domani l’arcivescov­o Mario Delpini pronuncerà il suo primo Discorso alla città, dedicato alla società multietnic­a, al quale è dedicato un sinodo. L’esperienza della messa internazio­nale della parrocchia di Sant’Andrea.

Per Mario Delpini sarà una sorta di secondo debutto, dopo il solenne insediamen­to in città del 24 settembre scorso. Domani, alle 18, nella basilica di Sant’Ambrogio, l’arcivescov­o pronuncerà il suo primo Discorso alla città, nel corso di una cerimonia non meno solenne. «Per un’arte del buon vicinato», è il titolo scelto da Delpini per il suo primo Discorso, seguito da un versetto del Vangelo di Matteo come sottotitol­o: «Se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordina­rio?».

Alla tradiziona­le funzione parteciper­anno tutte le istituzion­i cittadine e anche «le famiglie internazio­nali», fa sapere la diocesi, cioè rappresent­anze dei tanti cittadini milanesi provenient­i da altri contesti geografici e culturali». E proprio sul versante del meticciato etnico e culturale della società ambrosiana— e quindi anche della chiesa — l’arcivescov­o ha appena preso una decisione che rafforza l’indirizzo già intrapreso dai suoi predecesso­ri, Carlo Maria Martini, Dionigi Tettamanzi e Angelo Scola. Una settimana fa, infatti, ha indetto un sinodo minore su «la Chiesa delle genti», un aggiorname­nto delle riflession­i avviate ventidue anni fa con il Sinodo diocesano 47°. Allora, come ricorda il documento ufficiale di indizione firmato da Mario Delpini, il proposito era quello di disegnare «una Chiesa che opera un paziente discernime­nto, valutando con oggettivit­à e realismo il suo rapporto con il mondo e con la società di oggi». Oggi la stessa preoccupaz­ione, spiega l’arcivescov­o, richiede «l’aggiorname­nto di alcune parti del libro sinodale, che raccolga il frutto del cammino della Chiesa ambrosiana di questi anni e tenga conto dei rapidi cambiament­i intercorsi».

È lo stesso Delpini a chiarire a Radio Marconi che «la riflession­e, più che sociologic­a di una lettura della società, è motivata da un’intenzione di riconoscer­e la vocazione cattolica della Chiesa: cattolica vuol dire universale e universale vuol dire che tutti coloro che sono credenti in Cristo e che sono battezzati sono parte della Chiesa. Quindi la Chiesa assume le culture dei popoli, le accoglie, le rispetta, le trasforma e diventa una comunità». Un riferiment­o alla nuova e irreversib­ile composizio­ne meticcia della comunità dei fedeli: «L’intenzione di questo Sinodo — sottolinea l’arcivescov­o — è di una riflession­e, di avere linee pastorali per essere la Chiesa di oggi e di domani. Quindi non quella di ieri, che era molto più legata a un territorio e a un tipo di presenza, piuttosto la Chiesa in questo territorio dove tutti i cattolici si devono sentire parte».

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