Angela tra le vertigini di Bach
La canadese Hewitt ospite del Quartetto con le Variazioni Goldberg
«Fino alla 12a variazione sono umane, poi arriva la 13a — la mia preferita, credo proprio per questo — e si sale in cielo, in una dimensione estetica e a una perfezione formale sovrumane». Angela Hewitt si entusiasma quando parla delle Variazioni Goldberg, il monumentale e vertiginoso capolavoro di Bach che questa sera porta in Conservatorio, ospite della Società del Quartetto. «Sono ottanta minuti di musica ininterrotta, ma è facile mantenere la concentrazione: sia perché è una vita che suono Bach e sono allenata, sia perché le Goldberg sono un viaggio così bello che in ogni istante c’è qualcosa da scoprire e di cui sorprendersi: eseguo tutti i ritornelli proprio per poter gustare meglio ogni variazione, magari aggiungendo e improvvisando alcuni abbellimenti. Sono un viaggio lungo, al termine del quale, quando si risente l’Aria da cui tutto era iniziato, sembra impossibile che da una melodia così semplice Bach abbia potuto creare tutto quello che s’è ascoltato fin lì: sicuramente, come diceva lui stesso, ci ha lavorato sopra e tanto, ma era innanzitutto un genio come pochi altri nella storia umana».
Per la 59enne pianista canadese le Variazioni Goldberg sono anche uno dei brani più amati ed eseguiti di una lunga e gloriosa carriera: «Penso proprio che siano il mio brano della vita: ci sono sempre state in ogni capitolo della mia storia artistica e personale; le ho incise due volte, quest’estate ho invitato alcuni amici nella mia casa in Umbria per festeggiare il compleanno (è nata il 26 luglio, ndr) e ho suonato loro le Goldberg. Le avevo suonate in pubblico in occasione dei miei cinquant’anni e lo stesso farò la prossima estate per i sessanta, alla Wigmore Hall di Londra».
La prima volta che le ha portate su un palco, Angela aveva appena 16 anni: «A Ottawa, dove mio padre era organista della cattedrale; e ne avevo 17 quando le riproposi al concorso Bach di Toronto: fu il brano che me lo fece vincere». Canadese e bachiana, inevitabile il confronto con un mito come Glenn Gould: «Certo, avevo ascoltato la sua incisione del 1955, ma siamo troppo diversi per temperamento, non lo avrei mai potuto prendere a modello». Le ha suonate a Lipsia, dove furono composte, «e in Canada con degli urban dancer: ero molto scettica ma fu bello! Però i due luoghi più belli dove le ho portate sono state a Gubbio e nel castello dei Cavalieri di Malta, sul lago Trasimeno, dove vivo ormai da anni».