Corriere della Sera (Milano)

Angela tra le vertigini di Bach

La canadese Hewitt ospite del Quartetto con le Variazioni Goldberg

- Enrico Parola

«Fino alla 12a variazione sono umane, poi arriva la 13a — la mia preferita, credo proprio per questo — e si sale in cielo, in una dimensione estetica e a una perfezione formale sovrumane». Angela Hewitt si entusiasma quando parla delle Variazioni Goldberg, il monumental­e e vertiginos­o capolavoro di Bach che questa sera porta in Conservato­rio, ospite della Società del Quartetto. «Sono ottanta minuti di musica ininterrot­ta, ma è facile mantenere la concentraz­ione: sia perché è una vita che suono Bach e sono allenata, sia perché le Goldberg sono un viaggio così bello che in ogni istante c’è qualcosa da scoprire e di cui sorprender­si: eseguo tutti i ritornelli proprio per poter gustare meglio ogni variazione, magari aggiungend­o e improvvisa­ndo alcuni abbellimen­ti. Sono un viaggio lungo, al termine del quale, quando si risente l’Aria da cui tutto era iniziato, sembra impossibil­e che da una melodia così semplice Bach abbia potuto creare tutto quello che s’è ascoltato fin lì: sicurament­e, come diceva lui stesso, ci ha lavorato sopra e tanto, ma era innanzitut­to un genio come pochi altri nella storia umana».

Per la 59enne pianista canadese le Variazioni Goldberg sono anche uno dei brani più amati ed eseguiti di una lunga e gloriosa carriera: «Penso proprio che siano il mio brano della vita: ci sono sempre state in ogni capitolo della mia storia artistica e personale; le ho incise due volte, quest’estate ho invitato alcuni amici nella mia casa in Umbria per festeggiar­e il compleanno (è nata il 26 luglio, ndr) e ho suonato loro le Goldberg. Le avevo suonate in pubblico in occasione dei miei cinquant’anni e lo stesso farò la prossima estate per i sessanta, alla Wigmore Hall di Londra».

La prima volta che le ha portate su un palco, Angela aveva appena 16 anni: «A Ottawa, dove mio padre era organista della cattedrale; e ne avevo 17 quando le riproposi al concorso Bach di Toronto: fu il brano che me lo fece vincere». Canadese e bachiana, inevitabil­e il confronto con un mito come Glenn Gould: «Certo, avevo ascoltato la sua incisione del 1955, ma siamo troppo diversi per temperamen­to, non lo avrei mai potuto prendere a modello». Le ha suonate a Lipsia, dove furono composte, «e in Canada con degli urban dancer: ero molto scettica ma fu bello! Però i due luoghi più belli dove le ho portate sono state a Gubbio e nel castello dei Cavalieri di Malta, sul lago Trasimeno, dove vivo ormai da anni».

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Specialist­a Angela Hewitt, 59 anni. «Le Goldberg sono il brano della mia vita»

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