Corriere della Sera (Milano)

In cella il leader degli ultras col vizio del poker

Deve scontare 13 anni. Il legale: sorprenden­te

- Di Cesare Giuzzi

Era stato graziato dalla sorte nel ‘98 quando una pallottola gli sfiorò la testa durante una sparatoria in viale Faenza. Poi Loris Grancini, 44 anni, è diventato giocatore di poker e capo ultrà della Juventus. Nel 2006, secondo i giudici, ordinò il tentato omicidio di un «rivale» in piazza Morbegno. Ora la condanna e 13 anni di carcere da scontare.

L’all in della sua vita l’ha giocato in viale Faenza nel ‘98 quando un proiettile gli sfiorò la testa. Quel giorno Loris Grancini, oggi 44 anni, si giocò tutto e vinse. Disse di trovarsi lì per caso, in realtà quello di viale Faenza fu uno scontro tra bande della Barona. E Grancini alla fine venne condannato a 9 anni di carcere. Ma da quel momento non smise più di sfidare la fortuna. Lui, considerat­o a lungo un predestina­to della malavita milanese, con contatti negli ambienti delle cosche calabresi e siciliane, ha scommesso tutto diventando un giocatore profession­ista di poker.

Ma non è stato il poker a renderlo famoso. Loris Grancini è infatti uno dei fondatori storici del gruppo ultras

Viking della Juventus. Milanese di nascita, rigorosame­nte affacciato alla balaustra dello stadio di Torino, in questi anni lo hanno sfiorato diverse inchieste sulla ‘ndrangheta al Nord. Vicende di criminalit­à organizzat­a dalle quali è sempre uscito «pulito». Grancini ha amicizie politiche negli ambienti di destra ma anche nella malavita che conta.

Il suo nome è stato spesso sui giornali. L’ultima volta a primavera, quando a Torino è scoppiato lo scandalo legato alle infiltrazi­oni delle cosche calabresi nelle curve della Juventus. Parla di lui, intercetta­to, perfino Andrea Agnelli che di Grancini confida a un suo collaborat­ore: «Il problema è che questo ha ucciso gente...». In realtà il 44enne Grancini — casa a Cernusco sul Naviglio, due figlie e un lavoro come operaio — non ha mai materialme­nte ucciso nessuno. È stato invece arrestato, poi scarcerato, e infine condannato, come mandante per il tentato omicidio di Massimo Merafino, colpito con due colpi di pistola il 5 ottobre 2006 in piazza Morbegno, vicino a via Ferrante Aporti. In quell’occasione a sparare davanti al locale «Los Hermanos» fu l’amico Pasquale Paki Romeo, oggi 42enne, e poi condannato a 9 anni in abbreviato. Paki Romeo è figlio di Francesco, legato alle cosche calabresi e coinvolto nell’inchiesta Nord Sud insieme al clan Sergi.

Per la sparatoria di piazza Morbegno, Grancini è stato condannato in via definitiva a 11 anni. La decisione è arrivata pochi giorni fa e martedì Grancini è stato arrestato dai carabinier­i. Deve scontare un totale di 13 anni e 11 mesi perché in passato aveva beneficiat­o dell’indulto e con il nuovo reato (a meno di 5 anni dallo sconto) ha perso quindi il beneficio. Il suo legale, l’avvocato Luca Ricci, ha parlato di una sentenza «sorprenden­te»: «Grancini venne fermato pochi giorni dopo il fatto, ma poi il Tribunale del Riesame di Milano lo scarcerò per mancanza di gravi indizi di colpevolez­za». È stato poi condannato a 15 anni, ridotti a 12 anni e mezzo in Appello, ma poi la Cassazione annullò la condanna con rinvio a un nuovo giudizio e la successiva sentenza bis.

A marzo Grancini tornerà davanti a un giudice: è indagato per tentata estorsione. È sospettato di aver minacciato il titolare di una società di eventi sportivi per costringer­lo «a procurare biglietti» per le partite della Juve.

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